Martina: dai fischi ai funerali dobbiamo ripartire per cambiare
Il segretario: «L’unica cosa da non fare è trattare con sufficienza il clima del Paese»
ROMA Un Pd in stato confusionale, scosso dal gelo di Genova e dalle accuse di connivenze con i «poteri forti», indeciso tra l’affondo contro Lega e 5 Stelle, l’autocritica e la costruzione di qualcosa che somigli a un’alternativa, a un’opposizione, a una luce in fondo al tunnel.
Maurizio Martina e Roberta Pinotti ci hanno messo la faccia. Hanno tastato gli umori della folla, hanno visto gli applausi al governo e hanno incassato qualche urlo. Il segretario del Pd ora dice: «Era doveroso esserci. Dai quei fischi noi dobbiamo ripartire per cambiare. L’unica cosa da non fare è trattare con sufficienza il clima che sta attraversando il Paese, perché ci riguarda. L’alternativa a Lega e Cinque Stelle si fa rimettendoci a fianco di queste persone. Come sta facendo da giorni il giovane presidente pd del Municipio di Valpolcevera a Genova aiutando gli sfollati. Dobbiamo rimettere i piedi in strada. Solo così sconfiggeremo il pericolo rappresentato da chi governa oggi».
Non è facile. Stefano Esposito invita il partito a reagire, «perché non è più calcio ma rugby e bisogna combattere». Invito per ora non accolto. Sergio Chiamparino, che il polso dei cittadini l’ha sempre avuto, non vuole buttarsi nella mischia: «I fischi? Io c’ero e non me ne sono accorto, li ho letti dalle agenzie. Detto questo, certo che c’è stata una frattura tra il Pd e la gente, ma trovo fuori luogo usare questo momento unitario di grande commozione per farlo diventare un elemento di battaglia politica».
Il punto è come reagire, come ritrovare la «connessione sentimentale» con il popolo. Claudio Burlando, già governatore della Liguria, parla più da genovese che da esponente dem: «L’opinione pubblica è arrabbiata, è comprensibile. Ma non si può dare tutta la colpa a noi. La Lega ha avuto Castelli ai Trasporti, Tremonti all’economia. Io dovunque andassi, trovavo i 5 Stelle che gridavano contro il terzo valico e la gronda». Ma i cittadini non vi danno ragione: «Anche sui vaccini c’è un’ondata emotiva: che facciamo, cambiamo idea?». Parole che hanno una chiosa involontaria nel tweet di Emanuele Fiano: «Il problema non è avere ragione, il problema è far ragionare».
Sergio Cofferati ex Pd ora Leu: «Rispetto il dibattito nel Pd, ma le contestazioni sono la conferma di una divaricazione tra il partito e l’elettorato. La narrazione non ha risposto al vero e questo si paga». Non solo: «La classe dirigente è sempre la stessa e anche Martina ha avuto responsabilità di governo». Il resto del Pd è impegnato a minimizzare, come fa Michele Anzaldi, che parla «un’indegna claque organizzata». O ad attaccare Salvini. Come fa Debora Serracchiani: «Nel 2008 Salvini votò a favore del “Salva Benetton”, che diede al gruppo concessioni molto vantaggiose per Autostrade. (Il Pd votò in blocco contro questo decreto). Salvini governava con Berlusconi, ora non se lo ricorda più?». A chi dice che parlare di Salvini, sia pure male, fa il suo gioco, risponde un tweet di Giuliano Ferrara. Che dem non è, ma viene rilanciato da Luciano Nobili e Sandro Gozi: «Il primo che ridice che questi hanno il consenso, e stroncarli li rafforza, fa del suo cervello un bivacco di manipoli».