Corriere della Sera

Nella critica i dubbi (datati) sulla nostra moneta unica

- di Massimo Gaggi

La finanza americana non ha mai fatto mistero di ritenere l’euro una costruzion­e precaria, messa su usando materiali diversi — alcuni più resistenti, altri meno, viste le differenti economie dei Paesi membri — e priva di solide fondamenta politiche. Non c’è quindi da meraviglia­rsi se il Wall Street Journal, che di quel mondo è la voce più autorevole, coglie l’occasione dell’uscita della Grecia dall’emergenza per «rovinare la festa» all’europa sostenendo che l’incendio spento ad Atene potrebbe ripresenta­rsi a Roma. L’intervento del quotidiano finanziari­o — l’articolo di un redattore con dati e giudizi di esperti, non un editoriale — non è però duro né velenoso. Riflette preoccupaz­ioni sulla fragilità della finanza pubblica italiana che nei giorni scorsi sono state espresse da molti esperti e da vari organi di stampa (dal britannico Guardian all’express francese, alla rete tv Usa Cnbc) quando si sono registrate ondate di vendite di titoli del Tesoro italiano e quando la crisi della lira turca ha generato timori anche sull’italia, molto esposta sul fronte bancario e industrial­e con la Turchia. In un clima di campagna elettorale permanente può essere forte la tentazione del governo di considerar­si vittima se non di un complotto, dell’ostilità e dell’avidità dei mercati. Non c’è dubbio che una denuncia o un’invettiva portino più consenso popolare dell’esame dei grafici pubblicati dal Journal dai quali emerge che mentre tutti gli altri principali Paesi, compresi quelli in crisi profonda come la Spagna, non solo hanno cancellato gli effetti della recessione ma superano di molto il livello di Pil del 2008 (quando iniziò la grande crisi), l’italia, nonostante la debole ripresa, viaggia su ritmi produttivi di molto inferiori (-5,4%) rispetto all’era del crollo della Lehman. Meglio riflettere sul fatto che i mercati siamo anche noi (che evidenteme­nte non compriamo molti Btp) e su quanto scrive il quotidiano Usa che, generoso con l’italia sulla vulnerabil­ità delle banche, si limita a notare la fragilità del nostro Paese, meno produttivo e più indebitato, e i rischi politici connessi ai conflitti tra Roma e Bruxelles, nonché quelli sul possibile venir meno dello scudo della Bce quando, l’anno prossimo, Mario Draghi uscirà di scena.

La fine della maratona per il bailout della Grecia segnerebbe la chiusura della crisi se non fosse per l’italia e i timori che l’euro non sia così stabile WSJ

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