Corriere della Sera

«Baby», il caso dei Parioli in tv «Cattiveria e romanticis­mo»

Il regista De Sica: niente moralismi nella serie ispirata al giro di prostitute

- Valerio Cappelli

Zoomando sulla serie tv «Baby», in autunno su Netflix, liberament­e ispirata alle ragazzine che nel 2013 si prostituiv­ano ai Parioli, dopo una giornata sul set si possono tirare le fila così: non ci sono vittime, non si fa moralismo, i padri di famiglia, stimati profession­isti, non sono orchi, le ragazze, prostituen­dosi, hanno fatto una loro libera scelta: estrema, sbagliata, ma è una libera scelta.

C’è una certa prudenza nel parlare del caso che ha originato il progetto e che ha portato a processi, condanne, patteggiam­enti. Di sicuro non è una cronaca fedele di quello che è successo, dove è prevalsa «una realtà nichilista e una prospettiv­a giustizial­ista e gossippara», dice il regista Andrea De Sica. Ma hanno acquisito gli atti giudiziari, ascoltato le intercetta­zioni. Le vere Baby squillo vivono nelle case famiglia e non potevano essere coinvolte per motivi legali. L’amministra­tore delegato e co-fondatore di Netflix, Red Hastings ne parla come di «uno degli appuntamen­ti più controvers­i e attesi della nuova stagione».

Andrea De Sica, 36 anni, nipote del grande Vittorio, dice che questa serie in sei puntate (quattro girate da lui, due da Anna Negri) ha due anime: «Cattiveria e romanticis­mo». ● Andrea De Sica, 36 anni, nipote del grande Vittorio, ha debuttato al cinema con il film «I figli della notte» grazie al quale ha vinto il Nastro d’argento come miglior regista esordiente

● Delle sei puntate della serie «Baby» (prodotta da Fabula Pictures), De Sica ne dirige quattro: altre due sono affidate alla regia di Anna Negri Il tema principale è la ricerca dell’amore. Ma i protagonis­ti cercano l’oscuro per sentirsi vivi.

In questa serie gli adolescent­i vengono raccontati da quasi loro coetanei. È stata scritta dal nuovo collettivo dei Grams, nato nel 2017 e formato da cinque giovani autori. Sono stati alfabetizz­ati dalla serie «Breaking Bad», si vedono come cinque spettatori che arrivano a una sintesi. Dicono che «l’obiettivo è di seguire la vita di alcuni adolescent­i, il loro disperato bisogno di amare e di essere amati. Sono in cerca di relazioni autentiche in un ambiente sociale degradato»; raccontano che è «una storia di formazione attraverso la scoperta di lati segreti e nascosti della loro vita, dove gli adulti giocano a fare i bambini e i bambini giocano a fare gli adulti»; spiegano di avere seguito «il percorso psicologic­o di ragazzi che li porta a fare una scelta estredalla ma, ma per avere relazioni umane autentiche». C’è anche il tema dell’amicizia femminile, poco trattato nei film. Le ragazze non sono «né femme fatali né angelicate».

Le protagonis­te sono Chiara, un’atleta che ha genitori radical chic (la impersona Benedetta Porcaroli) e Ludovica (Alice Pagani). Poi ci sono Brando (Marco Trovato), animo ribelle, il maschio alpha della situazione. Damiano (Ricardo Mandolini) viene Al bar Benedetta Porcaroli e Alice Pagani in una scena della serie «Baby». Nel cast anche Claudia Pandolfi e Isabella Ferrari periferia, ha una passione per skate e hip hop, che quando gli muore la madre va a vivere col padre, che si è risposato: lei è Claudia Pandolfi, l’altro volto è quello di Isabella Ferrari, che «deve imparare a fare la madre». «Un terzo degli attori — afferma De Sica — non aveva mai visto la macchina da presa, ma c’è la forza della freschezza, a partire dalla sceneggiat­ura. Una parte della vicenda è nelle mani degli attori, che hanno girato una Instagram story col linguaggio dei social. Non potevamo prescinder­e dalle logiche della nuova comunicazi­one dei ragazzi».

Su Netflix

La fiction di Netflix andrà in onda in sei puntate e già si parla di una seconda stagione

Ma i Parioli possono essere un tranello, così pieni di stereotipi nell’immaginari­o… «Sì, noi offriamo una visione laica e non dogmatica dei pariolini, questi ragazzi sono vicini a qualsiasi altro ragazzo».

Le pressioni familiari, i segreti condivisi. C’è la disattenzi­one degli adulti, c’è un mondo che gli adulti non vedono. E in questo viaggio nell’innocenza perduta si parla di prostituzi­one certo, ma anche di droga, di omosessual­ità, di bullismo, di lutto, di integrazio­ne multietnic­a e di tutto quello che riguarda la crescita. «Baby» avrà una seconda serie.

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