Corriere della Sera

«A breve vedrò Orbán per cambiare le regole»

Il leader: le discussion­i sul bilancio Ue? Serve unanimità, ma se la scordino

- di Marco Cremonesi

«Iveri ostaggi sono gli italiani — — dice al Corriere il ministro dell’interno Matteo Salvini — io non ho paura di nessuno. A giorni vedrò Orbán per cambiare le regole».

PINZOLO (TRENTO) «Ostaggi? Gli ostaggi sono stati gli italiani. Lo sono degli immigrati e dell’europa, da troppo tempo. Con questo governo non lo saranno più. È finita un’epoca». Matteo Salvini trascorre qualche giorno a Pinzolo, in Trentino, con la figlia. E continua a ripetere il suo no al far scendere gli immigrati dalla nave Diciotti.

Ministro, che vuol fare? Gli immigrati sono attraccati a un molo italiano da giorni, come se ne esce?

«Con un bell’aereo che arriva da una delle capitali europee all’aeroporto di Catania. Gli europei dimostrera­nno il loro cuore grande caricando tutti gli aspiranti profughi. Noi la nostra parte l’abbiamo fatta con i giovani». Oggi l’europa si riunirà sul tema. Cosa direte?

«L’europa deve sapere che il governo italiano è irritato. Basta con parole tante e risultati pochi. L’UE si era impegnata a prendere 35mila immigrati: si sono fermati a 12 mila. Se la serietà è questa, non ci si può stupire che noi abbiamo deciso un punto fermo. Con le Ong ci siamo riusciti, ora dobbiamo costringer­e l’ue a farsi carico di ciò che le spetta». E come?

«L’italia è contribuen­te dell’europa per circa 6 miliardi l’anno. Ne abbiamo in cambio problemi su pesca, agricoltur­a, turismo, commercio, banche…».

L’italia taglierà i contributi all’unione?

«Stiamo entrando nella discussion­e sul bilancio, in cui le decisioni richiedono unanimità. Per noi, l’unanimità Bruxelles non la vedrà neanche col binocolo. E non siamo gli unici». Altri Paesi si sottrarran­no?

«Alla faccia del Pd, non siamo certo soli. La maggior parte dei Paesi pretende lo stop all’immigrazio­ne. A metà settembre ci sarà la riunione dei ministri dell’interno europei, e lì lo si vedrà. Io, nei prossimi giorni, incontrerò Viktor Orbán a Milano». Qualche dettaglio?

«Ci sarà parecchio di cui parlare. Si dice che in base ai trattati, alle convenzion­i, a Ginevra, noi non possiamo riportare gli immigrati indietro. Bene. Ma trattati e convenzion­i si possono modificare».

Lei parla di Australia, ma lì gli accordi internazio­nali li hanno fatti. Noi non ancora…

«Al 23 agosto, gli sbarchi 2018 sono stati 19.526. Di cui 3.718 tunisini. Un Paese né in guerra né in carestia. Sono già in contatto con la Tunisia per andare il prima possibile e capire come possiamo aiutarli».

Sulla Diciotti sono quasi tutti eritrei, potrebbero avere diritto all’asilo. O no?

«Una delle poche buone notizie di questa estate disastrosa è che tra Etiopia ed Eritrea la pace resiste. Il cappellano degli eritrei in Europa, don Mussie Zerai, dice di sperare che anche l’italia faccia la sua parte. Come

governo, noi siamo assolutame­nte disponibil­i».

Lei ha strattonat­o il presidente della Camera Fico. Non un po’ troppo duramente?

«No. Mi attengo al contratto di governo, che parla di lotta all’immigrazio­ne clandestin­a. Questo da ministro io faccio. E a giudicare dalle reazioni in strada e sulla Rete, l’ha capito la grande maggioranz­a degli elettori anche a 5 Stelle. Tanto che Di Maio, che ringrazio, ha confermato la nostra posizione». Non è vero che lei abbia minacciato col premier Conte le

 Anche se sono eritrei una delle buone notizie dell’estate è che la pace tra Etiopia e Eritrea resiste

 Macché dimissioni, siamo tutti d’accordo. Le uniche telefonate che stiamo facendo riguardano l’economia

dimissioni?

«Ma che dice? Le uniche telefonate che stiamo facendo sono quelle sull’economia. Parlare di immigrazio­ne non ha un gran senso, la posizione è quella e tutti sono d’accordo».

Non pensa di aver avuto un atteggiame­nto di sfida nei confronti della magistratu­ra?

«Non è questione di sfida, ci sono milioni di processi in arretrato e mi stupisce che ci sia qualche magistrato che ritiene di aprire un fascicolo per sequestro di persona». Non è una questione di stato di diritto?

«Se mi convocano, sono a disposizio­ne. Se l’autorità giudiziari­a riterrà di indagarmi, processarm­i o arrestarmi, troverà in me un italiano pronto a difendersi».

Dunque, state parlando di economia. Temete che i mercati puniranno i titoli del debito italiano?

«A qualcuno diamo fastidio, e le prove generali di un attacco economico sono già partite».

Parla dei 70 miliardi disinvesti­ti dai titoli italiani tra maggio e giugno?

«Anche. Per questo fa bene Conte ad andare da Trump. Per questo fanno bene gli esponenti di governo — Tria, Di Maio, Geraci — che stanno per partire per la Cina. Tra l’altro la Cina sta facendo investimen­ti formidabil­i in Africa, può essere un partner importante anche su terrorismo e immigrazio­ne. Dobbiamo essere aperti a tutti gli scenari».

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