Il pandoro di Avellino
Dovendo illustrare ai consiglieri il suo programma per Avellino, il sindaco cinquestelle Vincenzo Ciampi ha trovato più agevole copia-incollare quello del sindaco di Verona. Ma Verona dista 737 chilometri da Avellino e ha tutt’altri problemi, senza contare che lì il sindaco è di centrodestra e i cinquestelle stanno all’opposizione, obietteranno gli amici di Macron e Fiorella Mannoia. Ridicoli. Come se, con tutto quel che c’è da twittare al giorno d’oggi, un politico avesse tempo da perdere per pensare. Vorrei rassicurare i pedanti che, se il sindaco di Verona avesse annunciato la concessione del balcone di Giulietta ai Benetton o promesso il pandoro di cittadinanza agli inappetenti e una flat tax sull’amarone, certamente nel suo omologo avellinese sarebbe sorto qualche scrupolo copiativo. (Per quanto una volta Berlusconi riuscì ad arringare i torinesi sull’annosa questione del porto, prima di accorgersi che era il testo del comizio di Genova).
Invece il discorso veronese si prestava all’emulazione fin dal formidabile incipit: «La situazione è particolarmente delicata e necessita di una seria riflessione». Una frase che può stare egregiamente sulla bocca di un veneto come di un irpino, di un dirigente d’azienda come di un marito cornuto. E solo uno zotico non vorrebbe per la sua città «un cambio di passo» che la trasformi in «crocevia di cultura e sviluppo». In attesa del partito unico, si proceda con il discorso unico. Se uno vale uno, tanto vale copiare l’uno che c’è già.