Le «mancate segnalazioni» di Autostrade in dieci anni Ecco su cosa puntano i pm
Lo spartiacque nel 2017 quando la società sollecita l’intervento
Lo spartiacque è l’autunno del 2017. Da quel momento il ponte Morandi diventa per Autostrade un malato da curare in fretta, a giudicare dalla successione degli eventi. Il concessionario chiede uno studio al Politecnico di Milano, contatta quello di Genova per una validazione, redige un progetto che presenta al Provveditorato per le opere pubbliche già in fase esecutiva, saltando quelle intermedie, e poi, da fine febbraio 2018 inizia a sollecitare il ministero, con il suo responsabile della Direzione opere di manutenzione ordinaria e straordinaria Michele Donferri Mitelli: «Vi preghiamo di portare avanti l’iter autorizzativo quanto prima»; «Incremento di sicurezza necessario sul viadotto Polcevera»; «Fate presto». Una serie di lettere, l’ultima di aprile: «Noi partiamo con l’iter della gara d’appalto». L’11 giugno arriva l’ok ministeriale e le pratiche corrono, senza tuttavia che nessuno provveda alla limitazione del traffico sopra il ponte, il che potrebbe significare due cose: o si tratta di una fretta apparente e il pericolo non era stato percepito, non così impellente almeno, o che ci si è affidati alla speranza.
Di fatto, però, prima di quell’accelerazione autunnale Autostrade non aveva mai segnalato alcunché di anomalo sul ponte, sugli stralli indeboliti, sul cemento poco affidabile, come è invece emerso dagli studi successivi. Possibile che non ci sia mai stata un’avvisaglia di degrado in precedenza? Eppure l’ingegner Morandi l’aveva detto chiaro già nel 1981, quando il ponte era ancora adolescente: «La struttura ha subito un deterioramento più rapido del previsto. Gli stralli del pilone numero 9 (quello crollato, ndr) presentano infrazioni trasversali, che ne pregiudicano la stabilità e la sicurezza».
Gli inquirenti stanno focalizzando l’attenzione sull’ultimo decennio, partendo dalla data in cui l’allora Ispettorato per la vigilanza sulle concessionarie autostradali dell’anas (la Finanza ha fatto sequestri anche lì) invitava tutti i concessionari a verificare le condizioni di salute di ponti, viadotti e gallerie e di comunicarne le criticità. Da allora, l’invito è stato ripetuto regolarmente, ogni due o tre anni, anche quando l’ufficio di vigilanza è confluito nel ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, anno 2012.
Secondo fonti ministeriali, nessuna risposta è mai arrivata da Autostrade. Fino all’ultima richiesta del giugno 2017, rimasta lettera morta. Poi, in autunno, l’improvviso cambio di passo. Perché, dunque, prima nulla e poi tutto e subito, nonostante ufficialmente nessuno avesse parlato di pericolo?
Per capirci di più, gli investigatori hanno sentito come persone informate sui fatti due funzionari del Provveditorato per le opere pubbliche di Genova: l’ingegner Salvatore Buonaccorso e il suo capo, Alessandro Pentimalli, entrambi sottoposti del Provveditore Roberto Ferrazza, ai quali la Guardia di Finanza ha sequestrato l’hard disk del computer e la memoria del telefonino, come ha fatto con alcuni dirigenti del ministero e della società Spea, addetta alle manutenzioni. E come aveva fatto in precedenza con i dirigenti della stessa Autostrade. Sui cellulari sequestrati in quel primo blitz sono iniziate le analisi. L’attenzione concentrata su sms e chat scambiate a partire dal giorno del disastro: 14 agosto, 43 vittime. La scelta
● Il governo guidato dal premier Giuseppe Conte ha annunciato di aver avviato l’iter per la revoca della concessione ad Autostrade per l’italia
Le testimonianze Ascoltati come testi due funzionari del Provveditorato alle opere pubbliche