Mutui casa, occasioni di fine estate Mini tassi per attirare la clientela
Interessi sulla scadenza a 10 anni anche sotto l’1%. Ma pesa l’incognita dello spread
Comprare casa indebitandosi a un tasso inferiore all’1%. Proprio adesso che la Bce ha annunciato la fine della politica monetaria del «Quantitative easing» — a gennaio Francoforte smetterà di acquistare titoli per dare liquidità al sistema economico, anche se ha precisato che i tassi rimarranno sui livelli attuali per gran parte del 2019 — tra le banche si sta scatenando la guerra a chi offre ai clienti le condizioni migliori. Tanto che nelle ultime settimane sulla scadenza dei 10 anni il livello del tasso fisso sui mutui è sceso sotto l’1%. Le banche hanno di fatto azzerato lo spread, il costo aggiuntivo applicato dall’istituto sul tasso fisso di riferimento di mercato, l’irs (interest rate swap) che viaggia attualmente allo 0,88% per la scadenza dei 10 anni e all’1,40% per quella dei 20. E tutto questo mentre il parametro base dei mutui a tasso variabile, l’euribor a 3 mesi, rimane tenacemente ancorato al valore negativo di -0,32%. Sommando lo spread di circa 80-90 centesimi praticato per i prestiti variabili a dieci o venti anni, ecco che il tasso finito variabile «vola» a poco più dello 0,5% annuo.
«Subito dopo l’annuncio della fine del quantitative easing da parte della Bce temevamo un aumento dei tassi di mercato. In realtà dopo un piccolo innalzamento iniziale i tassi si sono assestati scendendo ulteriormente», spiega Roberto Anedda, direttore marketing di Mutuionline, comparatore online che mette a confronto le condizioni delle diverse banche. La finestra di opportunità per concludere un’operazione di mutuo (o di surroga, il trasferimento di un mutuo da una banca all’altra a condizioni di maggior vantaggio) dovrebbe quindi durare ancora qualche mese. È tuttavia possibile che le incertezze economiche globali e un eventuale forte innalzamento del differenziale di rendimento tra Btp e Bund a dieci anni possano rendere questo periodo «magico» più breve del previsto. «La guerra commerciale in atto tra Cina e Stati Uniti con l’introduzione di nuovi dazi potrebbe provocare tensioni e aumenti anche sui tassi di lungo termine in Europa. Mentre un peggioramento dello spread tra Btp e Bund potrebbe mettere in difficoltà il sistema bancario e spingere gli istituti a modificare le condizioni del credito, anche quelle sui mutui», avverte Anedda.
Il basso costo dei prestiti ipotecari di questi anni non si è del resto tradotto in un boom del mercato immobiliare. Prima della crisi, nel 20072008, ogni anni venivano registrate in Italia circa 1,2 milioni di operazioni di compravendita di immobili residenziali. Secondo una ricerca di Crif le compravendite del 2017 si sono fermate a un totale di circa 550 mila, mentre dati del Mef ci informano che nel primo trimestre del 2018 l’aumento è stato del 4,3%. «Valori molto distanti da quelli di 10 anni fa. Anche perché i risparmiatori e i possibili investitori sono frenati dal timore di un nuovo inasprimento fiscale e quindi preferiscono, per il momento, rimanere alla finestra e vedere come si evolverà il quadro normativo», conclude Anedda. E questo nonostante i tassi sui mutui siano scesi al di sotto della soglia dell’1%.