Corriere della Sera

«So che ancora mi senti, se parlo più forte »

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Ci salutiamo, ma ci diciamo arrivederc­i. In questi mesi abbiamo condiviso molte giornate e tanti momenti. Gli zii, con affetto e costanza, ti hanno sostenuto durante la tua terribile malattia con racconti e aneddoti della famiglia e del passato. La tua fraterna collega insegnante e le numerose amiche della parrocchia. con la veglia del parroco don Alberto e l’amico di famiglia don Fabian Martin ti sono stati quotidiana­mente vicino. Ora sono tutti qui, compresi i tuoi amati scolari, per tenerti per mano in un nuovo cammino. Di persone buone e sensibili ce ne sono ancora tante e ce ne sono ancora all’usl e nel progetto di accompagna­mento agli ammalati e alle famiglie che vivono simili grandi dolori. Che cosa riceverò ora io in eredità? Certamente l’amore per la famiglia e la passione per l’insegnamen­to. Ricorderò i racconti e la esperienze di vita che mi hai confidato, ma faticherò a produrre le ricette culinarie che con tanta «abilità produco e brucio». Come te, proverò ad avere sempre nuovi progetti, costanza e fede nel vederli realizzati. Cercherò di non abbattermi e di trovare il lato positivo in ogni persona e in ogni situazione. Ora, però, non rimane che salutarci. So che sei solo «oltre la porta», e se parlerò e pregherò un po’ più forte mi sentirai. Ho scritto queste riflession­i in agosto, durante una delle veglie notturne in ospedale. Ti voglio bene,

tua figlia Barbara

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