Corriere della Sera

«Si perdono consumi e 40 mila posti di lavoro L’online crescerà ancora»

Gradara: è il secondo giorno per incassi

- Lorenzo Salvia

ROMA «Come diceva Sergio Marchionne, la politica decide e le aziende si adeguano. Ma a patto che le decisioni vengano prese sulla base di dati oggettivi». E non sarebbe così? «Quando si dice che i negozi aperti la domenica rovinano le famiglie si entra nel campo della sociologia. Piuttosto parliamo degli effetti sui consumi, sui posti di lavoro e sugli investimen­ti. Avevamo già chiesto un incontro al ministro Luigi Di Maio ma finora non siamo riusciti a parlare con lui. Spero ne avremo occasione». Claudio Gradara è il presidente di Federdistr­ibuzione, associazio­ne delle aziende di un settore che va dai centri commercial­i agli ipermercat­i.

Perché è contro lo stop?

«I motivi sono diversi. La domenica è diventato il secondo giorno per incasso dopo il sabato. Chiudere avrebbe un effetto negativo sui consumi, già fermi».

Quanto scenderebb­ero?

«Difficile essere precisi ma ricordo che la liberalizz­azione aveva fatto segnare un aumento dell’1% per i prodotti alimentari e del 2% per i non alimentari. I posti di lavoro a rischio, per l’intero settore, sarebbero tra i 30 e i 40 mila mentre sugli investimen­ti abbiamo già i primi segnali di grandi gruppi che, prima di andare avanti, vogliono capire come finirà questa storia».

La Chiesa, con monsignor Giancarlo Maria Bregantini, dice che lo stop sarebbe una «grazia di Dio».

«Capisco, la Chiesa ha le sue sensibilit­à. Ma non condivido perché una società moderna ha bisogno di servizi e sono 12 milioni gli italiani che fanno acquisti la domenica».

I piccoli commercian­ti appoggiano lo stop. Loro faticano di più ad aprire la domenica. E anche il loro è un settore importante, che in più contribuis­ce a tener vivi i nostri centri storici.

«Certo ma anche qui partiamo dai numeri. Dal 2012, i ● Claudio Gradara, 61 anni, fino al 2017 è stato ad di Pam Panorama. Dal 2018 guida Federdistr­ibuzione, succedendo a Giovanni Cobolli Gigli piccoli esercizi che hanno chiuso sono l’1,9%: non mi pare una ecatombe consideran­do la crisi degli ultimi anni. E poi non è con il ritorno al passato che ci si può difendere».

Cosa intende?

«Chiudere la domenica farebbe crescere ancora di più il commercio online. Un settore che già corre di suo e che ha grandi vantaggi rispetto alla rete di vendita fisica, sia dei piccoli sia dei grandi, non solo sul fisco ma anche sugli orari, sui saldi, su tante cose».

In realtà una delle proposte in discussion­e prevede lo stop domenicale anche per il commercio online.

«È un segnale positivo. Ma, al di là degli annunci, dal punto di vista tecnico mi pare difficile da realizzare».

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