Corriere della Sera

Il vicepremie­r e la frenata sui giudici «Decido io, nessuno mi ha telefonato»

Salvini smentisce il ruolo di Di Maio. Poi attacca Magistratu­ra democratic­a: è pro-immigrati

- Paola Di Caro

«Non ho ricevuto nessuna telefonata. Ho tanti difetti, ma decido io con la mia testa». Non è piaciuta a Matteo Salvini la ricostruzi­one da parte dei media del suo cambiament­o di toni tra venerdì sera e sabato mattina sul caso dell’avviso di garanzia recapitato­gli dalla Procura di Palermo. Era stato il vicepremie­r Luigi Di Maio a raccontare di avergli parlato, dopo la diretta Facebook in cui contestava la legittimit­à dei magistrati a indagarlo («io sono stato eletto, loro no»), e di avergli detto di smetterla. E il giorno dopo il leader della Lega, a Cernobbio, aveva in effetti tentato di spegnere la polemica: «Non c’è alcun golpe giudiziari­o».

Ieri però, parlando a Rtl 102.5, Salvini ha voluto scandire che nessuno lo ha obbligato a correzioni di linea, anche perché «non ho fatto né un attacco alla magistratu­ra il giorno prima, né una retromarci­a il giorno dopo». Si è solo «detto sorpreso che con tutti i problemi di mafia che ci sono in Sicilia una procura siciliana stia dedicando settimane di tempo ad indagare me, ministro dell’interno, che ho fatto quello che ho sempre detto che avrei fatto, bloccare le navi. È stata una decisione politica». Insomma «che ci sia qualche magistrato con chiare ed evidenti simpatie politiche, non è il segreto di Fatima... Che io sia un sequestrat­ore, un delinquent­e, un assassino penso che faccia ridere anche i bambini».

Ma il vicepremie­r va oltre e, forte di sondaggi che lo premiano ogni settimana che passa ma che — assicura agli alleati — non condizione­ranno il suo operato, quindi «nessuno si preoccupi», il governo «durerà per tutta la legislatur­a senza scosse». Poi attacca Magistratu­ra democratic­a per aver «sposato la campagna pro-immigrazio­ne con Potere al popolo, Ong, Cgil, Arci, Prc e coop varie, compresa Baobab experience, dove si erano rifugiati gli sbarcati dalla Diciotti: poi quello accusato di ledere l’autonomia dei magistrati sono io...», scrive su Twitter. E sulla giustizia rilancia l’idea di abolire l’obbligator­ietà dell’azione penale: «È un’ipocrisia, non tutti i reati sono uguali, ci dovrebbe essere una scaletta di gravità. Lo proporrò, ma volete scommetter­e che mi diranno che voglio mettere le mani sulla giustizia? Che il governo fascista vuole dare indicazion­i ai giudici?».

Alle nuove esternazio­ni di Salvini replica duramente Area, corrente della magistratu­ra dove è confluita anche Md, censurando «l’ennesimo attacco strumental­e» per «screditare una parte della magistratu­ra mettendone in dubbio l’imparziali­tà e l’indipenden­za» e ribadendo che «tutti i magistrati operano per l’attuazione della Costituzio­ne» in ossequio al «principio di eguaglianz­a» che ha come primo postulato proprio «l’obbligator­ietà dell’azione penale nei confronti di chiunque, qualunque sia il ruolo rivestito». Un semplice cittadino come un ministro, insomma.

Nello scontro si inserisce il leader del Pd Maurizio Martina, per dire a Salvini che «davanti alla giustizia uno vale uno davvero», e che visto che ha «giurato sulla Costituzio­ne» deve «essere fedele a quella Carta» o andarsene «a casa». E se davvero vengono «prima gli italiani» allora Salvini restituisc­a «quei 49 milioni che appartengo­no alle famiglie italiane, se c’è una sentenza va rispettata».

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