Serena, gli insulti al giudice, la sconfitta «Io vittima di una decisione sessista»
La campionessa perde gli Us Open dopo una penalità. «Con un uomo non l’avreste fatto»
Attimi chiave
Qui a destra, Williams lancia la racchetta a terra; a sinistra, mentre contesta l’arbitro; sopra, con uno dei giudici di gara; sotto, dietro la vincitrice Naomi Osaka più riprendere.
Un match passato alla storia per i motivi sbagliati, ha titolato il New York Times, smontando le tesi di sessismo di Serena: gli interventi per violazione del codice di comportamento ai danni degli uomini quest’anno all’open Usa sono stati 23, contro gli appena 9 delle donne (Williams inclusa, multata di 17.000 dollari). Difficile sostenere che a New York gli arbitri ce l’hanno con le tenniste in un torneo che, storicamente, ha punito Mcenroe, Connors, e, più modestamente, Fabio Fognini, espulso da Flushing l’anno scorso per insulti sessisti (quelli sì) alla giudice di sedia. Ma l’evidenza dei fatti non ha fermato la crociata della Williams, che dopo aver chiamato l’applauso per la Osaka (beau geste doveroso) si è sfogata in conferenza stampa: «Non ho mai barato in vita mia: preferisco perdere. L’arbitro mi ha rubato un game. Ho visto uomini dire le peggio cose senza venire sanzionati: con un maschio non l’avrebbe fatto. Mi batto per la parità delle donne e continuerò a farlo».
Bilie Jean King, la prima sindacalista del tennis, è scesa nella piazza di Twitter («Quando una donna è emotiva, diventa isterica. Se lo fa un uomo, è solo schietto. Grazie Serena per aver sottolineato il doppio standard»), insieme a Ellen Degeneres («Serena ha cambiato il mondo in meglio: vale più di una partita»), Shonda Rhimes, potente creatrice di Grey’s Anathomy («Ha ragione. Punto») e molte colleghe. «Mi sono chiesta cosa avrebbe pensato Olympia di me...» ha mormorato Serena in lacrime. Che mamy ha sclerato, forse. Senza che diventi per forza una guerra santa.