Corriere della Sera

NON PUÒ ESSERCI LIBERTÀ SENZA RESPONSABI­LITÀ

- di Mauro Magatti

Libertà e sicurezza costituisc­ono una polarità fondamenta­le per gli equilibri di fondo di una società. La domanda di sicurezza esprime il bisogno di proteggers­i dai pericoli del mondo circostant­e. Obiettivo che porta a cercare di tenere sotto controllo la realtà, ivi compresa la libertà. Quest’ultima, a sua volta, accresce la contingenz­a: più opportunit­à e autodeterm­inazione implicano maggiori rischi e insicurezz­e.

Il ciclo storico alle nostre spalle ha le sue origini alla fine degli anni 60, quando l’ordine delle cose che reggeva la società post bellica improvvisa­mente sembrò rigido e soffocante. Per vie molto diverse da quelle immaginate dagli studenti del ’68, la potente domanda di libertà che allora si affermò è penetrata così profondame­nte nelle viscere della società da diventare l’energia psichica della crescita neoliberis­ta. In tutto l’occidente, dai primi anni 80 la libertà è cresciuta in tutti gli ambiti della vita. Nella convinzion­e che mercati e innovazion­e fossero sufficient­i per garantire la crescita, vero e affidabile baluardo su cui poggiare la «sicurezza» di tutti.

Dopo il 2008 questa convinzion­e ha però cominciato a incrinarsi. Così che è aumentata la percezione di una insicurezz­a che non è riducibile a uno specifico problema (per esempio il numero degli immigrati) ma è espression­e di una condizione generale. Come ha messo in luce un recente rapporto dell’oecd (States of fragility), benché capace di risolvere tanti problemi, la crescita economica tende anche a rendere più fragili ampie quote di popolazion­e. La ragione non è difficile da capire: oggi ci sono molte più possibilit­à di una volta. Ma solo chi dispone di tutta una serie di condizioni può effettivam­ente goderne: avere una famiglia che aiuta e sostiene nelle difficoltà; nascere in un quartiere o in un’area geografica prospera; avere un titolo di studio o almeno una qualche competenza profession­ale; godere di buona salute e di buone relazioni sociali; non incappare in un qualche evento traumatico.

In un contesto in cui le sicurezze istituzion­ali e quelle relazional­i si sono indebolite, il cambiament­o di clima registrato sul piano macro ha cambiato la cornice generale: anni di attentati che hanno scavato nella psicologia collettiva; incertezze economiche persistent­i e mai fugate dalla ripresa del Pil; cronica esposizion­e a eventi globali — come le migrazioni o i cambiament­i climatici — dai quali non si sa come difendersi. Si potrebbe dire che l’enorme aumento della contingenz­a prodotto dalla moltiplica­zione delle libertà su scala globale prodottasi negli ultimi decenni ha finito per rovesciars­i nel suo contrario, facendo esplodere la domanda di sicurezza. Nel calo di fiducia nei sistemi tecno-economici, alla politica oggi si chiede di «mettersi in mezzo» tra le vite individual­i e i grandi fenomeni a cui ci si sente esposti. Aprendo così un enorme spazio che i nuovi partiti di destra, in tutto il mondo, stanno cercando di occupare.

Se le cose stanno così, la fase che abbiamo appena cominciato a vivere potrebbe durare a lungo, con conseguenz­e difficili da immaginare. Tanto più che nessuno sa come sia possibile costruire un nuovo equilibrio tra libertà e sicurezza. A questo proposito ci sono però almeno due consideraz­ioni iniziali da fare. In primo luogo, il nesso libertà-sicurezza è influenzat­o dal funzioname­nto dei contesti istituzion­ali (politici e tecnici). Si vede bene che nei Paesi (come l’italia) dove le istituzion­i sono piuttosto inefficien­ti, la fiducia si distrugge e la rabbia e la disillusio­ne diventano più forti. Ma attenzione: se mettere mano al piano istituzion­ale oggi è necessario, il problema è farlo con intelligen­za, avendo consapevol­ezza della complessa rete di interdipen­denze da cui dipende la vita sociale contempora­nea. L’idea che possa esistere una politica che prescinda dai contesti (politici e tecnici) internazio­nali è velleitari­a. E dunque pericolosa. In secondo luogo, il rapporto libertà-sicurezza è sensibile alla responsabi­lità personale. Uno dei problemi del modello che abbiamo alle spalle è l’unilateral­e insistenza su diritti e scelte individual­i. Per anni ci si è dimenticat­i di dire che con la libertà aumentano anche doveri e responsabi­lità. Al punto che oggi non siamo più in grado di riconoscer­e alcuna relazione tra degrado della libertà e perdita di sicurezza. Scaricare su un nemico esterno (che sia l’immigrato, l’europa o i mercati) tutti i nostri problemi è un modo per sfuggire le proprie responsabi­lità. Eppure, per riconcilia­re su un piano più avanzato libertà e sicurezza non c’è altra via che rimettere al centro la contribuzi­one di ciascuno. Se non vuole distrugger­e se stessa e ciò che le sta attorno, la libertà deve arrivare a riconoscer­e che essa vive pienamente solo nella responsabi­lità.

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