Corriere della Sera

Il buio di Venezia. E di una figlia

Andrea De Carlo dà voce a una donna in conflitto con un padre tiranno

- Di Jessica Chia

Vivere in una casa affacciata a nord-est, a Venezia, significa viverne l’ombra, assorbirne l’umido che si attacca a tutto e sembra penetrare persino le ossa. Significa non farsi toccare dal calore del sole, ma nutrirsi quotidiana­mente del suo opposto: l’ombra, la bruma. La malinconia. La differenza tra vivere a nord-est e vivere a sud-ovest, a Venezia, «è la differenza tra il sole e la Luna». Lo sa bene Margherita che all’ombra della Luna (e delle mura veneziane) è nata e cresciuta. Ma ancora più di quell’appartamen­to umido, è il rapporto con Achille, il padre, ad aver contagiato la sua indole, aspra e buia, come i crateri lunari.

L’infanzia, il diventare grande e l’età adulta della protagonis­ta sono ripercorse in uno spazio temporale di pochi giorni in Una di Luna (La nave di Teseo, in libreria da giovedì 13 settembre), il nuovo romanzo di Andrea De Carlo che, dando voce a Margherita Malventi, racconta in prima persona il doloroso rapporto tra un padre e una figlia.

L’occasione è un viaggio da Venezia a Milano. Achille Malventi — rinomato chef della Laguna, conosciuto per il ristorante «Mal20», che gli è stato però strappato dai soci dopo una battaglia legale — viene chiamato come ospite in un talent show di cucina, Chef Test. Margherita decide di accompagna­re il padre per passare un po’ di tempo con lui, per cercare, ancora una volta, uno sguardo, un contatto, quella mano sulla spalla che può togliere di dosso il peso del mondo.

Ma Achille non conosce la gentilezza. Fa quasi pena nei suoi 86 anni e nel suo metro e cinquantaq­uattro di altezza, magro, piccolo, quasi fragile nella sua anzianità. Eppure i pensieri che Margherita rivolge a quell’uomo, che mai ha chiamato papà, sono duri, rancorosi: «È da quando sono bambina che lo vedo rimbalzare tra atteggiame­nti autoritari e ingenuità abissali (...), manie di grandezza, crolli, depression­i. Con lui ho dovuto fin da subito convivere con i sentimenti più opposti; mi ci è voluta tanta energia, per venire fuori intera».

Ed è così che conosciamo la protagonis­ta: ferita, spezzata, sempre in attesa dietro una valanga di aspettativ­e — le attenzioni mancate, il desiderio di sentirsi compresa —, mentre il padre distrugge ogni legame che tocca. Ecco allora che anche la registrazi­one di Chef Test si trasforma in una situazione surreale: Achille vuole monopolizz­are l’attenzione, mette in scena liti e capricci, provocando la frustrazio­sta ne di tutti quelli che gli stanno intorno.

Chef d’altri tempi, Malventi disprezza profondame­nte i programmi televisivi in cui, pensa, la cucina è trattata come fenomeno da baraccone, i loghi pubblicita­ri brillano insieme ai denti sbiancati di giovani cuochi-star dal ciuffo ribelle, «sciagurati e scaldapent­ole di bassissimo livello». Nonostante questo, Achille decide di partecipar­e, forse per riassapora­re l’antico successo di una carriera ormai fallita, o forse per mettere in atto il piano di una subdola vendetta personale.

Così De Carlo — con la sua abilità nel descrivere con accuratezz­a, acquisita anche grazie all’attività cinematogr­afica (ha lavorato accanto a maestri come Fellini e Antonioni) — trasforma lo studio televisivo nella metafora della relazione padre-figlia. Dietro le quinte del programma, proprio come ogni giorno della loro vita, Margherita lo osserva, passiva e combattuta tra sentimenti opposti: «È assurdo essere apprensivi per un padre che ti ha tiranneggi­ato tutta la vita. Senza mai riuscire né a mandarlo al diavolo, né ad allentare il legame».

C’è solo un filo che li unisce, dietro il non detto, le frustrazio­ni, le corazze: quello che li porta a fare lo stesso mestiere. Margherita ha un suo ristorante a Venezia, nel sestiere di Castello; ogni giorno crea piatti, ogni giorno reinventa se stessa: cucinare la rende viva. E solo cucinando Achille mostra quella cura, sensibilit­à e pazienza che invece rifiuta agli a esseri umani. Di padre e figlia re- questo: la cucina come unico luogo al mondo in cui sono sintonizza­ti.

Durante il viaggio a Milano, succede però qualcos’altro: l’incontro con un uomo misterioso, stravolge prepotente­mente noie e apatie di Margherita, mettendo in crisi la precarietà del suo essere. Prima di quest’incontro, tutti gli uomini della sua vita hanno sempre avuto qualcosa in comune con l’insensibil­ità paterna. Uomini che ha sempre cercato di curare, un po’ come Luca, compagno egoista che si lascia vivere sulla superficie dei sentimenti, in un legame morbosamen­te infelice e basato su un’arrendevol­e accettazio­ne.

Sarà la città sull’acqua in cui è nata, saranno i silenzi della madre — quasi inesistent­e nella storia, pedina muta per scelta, forse in una ferma presa di posizione contro il marito — a rendere la protagonis­ta screziata di malinconia («non sono una pessimista; è solo che assorbo la luce con la stessa facilità con cui assorbo l’ombra»). Eppure c’è ancora qualcosa che può salvarla.

Ed è Venezia a diventare protagonis­ta nella seconda parte del romanzo. È impossibil­e cogliere le ombre di Margherita senza attraversa­re questa città, tanto straziante quanto ammaliante. E Andrea De Carlo la sa disegnare come se le parole rotolasser­o attraverso i ponti, le piccole calli, le fondamenta.

Luci e ombre si rincorrono in quest’indagine umana messa in atto dall’autore e raccontata nella minuzia del monologo, quasi della scena teatrale: luci in studio a Chef Test, che illuminano il trucco, l’artificios­ità della vita, ombre sul volto di Achille, sui suoi lineamenti duri e irremovibi­li; luci di una Venezia che cammina veloce, ombre di una laguna che di notte muore. Luci e ombre di una donna, Margherita, cresciuta guardando la Luna, nella speranza di salire lassù pur di scappare dall’infelicità.

E tra gli scuri chiusi, l’odore dei muri bagnati e l’acqua nera, Margherita scopre, in una suggestiva dimensione magica, che il tempo per ritrovarsi non è ancora finito. Al di là del dolore, della famiglia, di Luca e della Luna, che le fa ombra da una vita.

La television­e

I protagonis­ti della storia, dai toni magici, sono chef e nella trama irrompe il mondo dei talent show

 ??  ?? Uno foto del 2002 di acqua alta a Venezia di Fulvio Roiter (1926-2016) © Fondazione Fulvio Roiter. Al fotografo è dedicata una mostra (fino al 24 febbraio) al Palazzo Ducale di Genova
Uno foto del 2002 di acqua alta a Venezia di Fulvio Roiter (1926-2016) © Fondazione Fulvio Roiter. Al fotografo è dedicata una mostra (fino al 24 febbraio) al Palazzo Ducale di Genova
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