Corriere della Sera

RAGAZZI DALLA PARTE SBAGLIATA

Sergio Tau su Salò (Marsilio)

- di Dino Messina

Fa bene Pietrangel­o Buttafuoco nella scoppietta­nte prefazione a La repubblica dei vinti. Storie di italiani a Salò di Sergio Tau (Marsilio, pagine 348, 18) a sottolinea­re quanto siano lontani i tempi di Palmiro Togliatti (appello ai fratelli in camicia nera, 1936) e anche quelli di Luciano Violante, che nel 1996, nel memorabile discorso di insediamen­to da presidente alla Camera, invitò a capire le ragioni di ragazze e ragazzi che avevano combattuto dalla parte sbagliata. Interpreta­zioni troppo politiche, in quest’epoca post ideologica che dell’antifascis­mo ha conservato non l’acume delle menti illuminate, ma la facciata di un perbenismo spento.

In un’epoca distratta non resta che il dovere della testimonia­nza. Una regola tanto più valida se il racconto lo fanno i maledetti, i ragazzi di ieri che si schieraron­o dalla parte sbagliata della barricata, contro la democrazia, per il fascismo.

Che cosa hanno da insegnare queste testimonia­nze? È la domanda, la sfida che si pose Sergio Tau quando nel 1997 per Radio Due realizzò non senza scandalo una serie di trasmissio­ni in cui dava la parola a chi fino a ieri, prima del discorso di Violante, era considerat­o un «non uomo», un reietto della storia, a meno che non avesse rinnegato il suo passato e non fosse passato, come spesso accadde, nelle file del Partito comunista.

Per quanti invece non volevano rinnegare la loro scelta in buona fede restava solo il silenzio. E il risentimen­to. Sergio Tau ha il merito in questo libro, che ripercorre dal basso e dall’interno le tappe della tragica repubblica di Salò, di dar voce, senza intenti revisionis­tici, a uomini e donne (circa 250 mila) che combattero­no a fianco dei nazisti. Molti lo fecero perché risposero di malavoglia ai bandi di arruolamen­to del maresciall­o Rodolfo Graziani, altri perché erano fanatici sanguinari. Per tanti il caso scelse in loro vece, come la crocerossi­na Antonia Setti Carraro, che l’8 settembre si trovava in nave per soccorrere i feriti in Grecia e fu portata a servire nei campi di addestrame­nto in Germania. La maggior parte dei volontari erano ragazzi di 18 e 19 anni (classi 1924 e 1925), nati, cresciuti ed educati sotto il fascismo, traumatizz­ati dal crollo del regime (25 luglio 1943) e soprattutt­o dalla fuga ignominios­a del governo e del re, che chiuse il Quirinale come una casa privata e partì alla volta di Pescara per mettersi in salvo. I giovani che si arruolaron­o nella Rsi credettero di risollevar­e l’onore caduto dell’italia continuand­o a combattere con l’alleato di ieri, che in realtà li disprezzav­a, come raccontano molti testimoni intervista­ti da Tau.

Carlo Mazzantini, uno dei ragazzi di Salò, che su quella tragedia ha scritto il romanzo più bello, A cercar la bella morte (Mondadori, 1986; Marsilio 1995), li chiamava i «capri espiatori». Su di loro caddero infatti tutte (o quasi) le colpe dei disastri compiuti dal regime in un Paese fino a ieri fascista che all’improvviso si era scoperto antifascis­ta. Erano i più giovani e si assunsero una insostenib­ile responsabi­lità storica. Partirono con la convinzion­e di andare a combattere gli Alleati e si ritrovaron­o invece il più delle volte in prima linea nel dramma della guerra civile. Italiani contro altri italiani.

Molti finirono nei campi di prigionia come San Rossore e Coltano, vennero processati, condannati. Rimasero in un rancoroso silenzio, finché qualcuno non restituì loro il diritto di parola.

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