La nuova strategia dopo i veleni su dossier e abusi
Il documento diffuso ieri dal C9 dice due cose. La prima: per il Papa il silenzio non basta più per rispondere alle accuse dell’ex nunzio Carlo Viganò in materia di abusi. La seconda: il vertice vaticano si schiera compatto con Francesco contro un tentativo senza precedenti di delegittimarlo.
Il documento diffuso ieri dal Vaticano alla fine della prima riunione del C9, il Consiglio dei nove cardinali che plasmano con Francesco la strategia della Chiesa, dice soprattutto due cose. La prima è che la trincea scelta inizialmente dal Papa per argivuole nare gli effetti del dossier dell’ex nunzio apostolico a Washington, monsignor Carlo Viganò, si è rivelata fragile, di fronte a un tentativo di colpirlo e delegittimarlo senza precedenti. Un Papa amareggiato aveva sperato di poter placare i suoi nemici con «silenzio e preghiera», possibili antidoti a un’offensiva del fronte conservatore, pensata per tirarlo in qualche modo dentro gli scandali. La seconda è che la decisione di offrire una verità documentata potrebbe essere sfruttata dagli avversari per accreditare una guerra di dossier su un tema scivoloso come gli abusi sessuali commessi da sacerdoti.
Nel momento in cui la Santa Sede annuncia gli «eventuali e necessari chiarimenti», attingendo alla «documentazione presente negli archivi», decide una strategia meno remissiva di quella seguita finora. Avverte la minaccia che aleggia sul pontefice, e combatterla per prevenire altri veleni. Viganò, il diplomatico che ha accusato Francesco di avere coperto gli abusi sessuali dell’ex cardinale statunitense Theodore Mccarrick, a questo punto doveva ricevere una risposta. L’impatto della sua «memoria» velenosa e vendicativa sembra essere più profondo di quanto la cerchia pontificia forse si aspettasse. Nell’iniziativa del C9 si indovina dunque anche un cambio di strategia comunicativa. È chiaro che tacere non è bastato a placare quanti, al di là del sentore complottista di quelle rivelazioni, volevano e vogliono capire fimo in fondo.
Nuova strategia Emerge la volontà di non permettere che il vertice della Chiesa possa apparire diviso
D’altronde, non è passata inosservata la decisione, affiorata nei giorni scorsi, di una potente organizzazione di imprenditori cattolici americani. Hanno infatti deciso di sospendere i loro contributi al Vaticano in attesa di sapere bene cosa sia successo. La totale solidarietà espressa dal C9 al Papa, per quanto scontata, è già una risposta. Indica la volontà di non permettere che il vertice della Chiesa appaia diviso; di stringersi intorno a Francesco senza esitazioni. La stessa idea di sostituire alcuni dei membri del C9 proprio adesso sembra un’appendice di queste preoccupazioni.
Motivando l’avvicendamento per ragioni di età, Francesco e i suoi consiglieri hanno voluto mandare un segnale di chiarezza. D’altronde, il cardinale George Pell è sotto processo in Australia da mesi per una vecchia storia di abusi; di fatto era già fuori. Più delicato il caso del cileno Francisco Javier Errazuriz, che con altri presuli latinoamericani ha fuorviato il Papa su monsignor Fernando Karadima, considerato un pedofilo seriale, screditando per anni le accuse delle vittime.
Il timore trasparente è che un conflitto così lacerante possa disorientare il mondo cattolico. La speranza di contrastare gli attacchi col silenzio si è rivelata illusoria. Eppure, non è certo che la nuova strategia riuscirà a placare le polemiche. C’è chi teme che finirà per esasperarle e approfondirle. Il rischio di un conflitto aperto tra il Papa e i suoi detrattori più irriducibili potrebbe aggravarsi. E consegnare l’immagine di una Chiesa divisa come nel 2013, anno delle dimissioni di Benedetto XVI. In fondo, i nemici di Francesco vogliono dimostrare che il Conclave che lo elesse non è mai finito.