Corriere della Sera

La prima intesa tra Lega e pm sui 49 milioni

Accordo vicino dopo il sì alla confisca dei 49 milioni La Procura attingerà gradualmen­te ai fondi del partito

- Di Fiorenza Sarzanini

Siamo alla fase finale. Il punto è la restituzio­ne dei 49 milioni della Lega. La Procura di Genova e i vertici del partito di Salvini avrebbero trovato un accordo che da un lato garantireb­be il sequestro dei soldi, così come ordinato dai giudici, ma dall’altro anche la sopravvive­nza del partito. È questa la svolta che si sta negoziando: recuperare i fondi che sarebbero proventi della truffa, ma consentend­o anche il pagamento degli stipendi dei dipendenti.

GENOVA La trattativa è entrata nella fase finale, già nelle prossime ore potrebbe essere chiuso l’accordo tra la procura di Genova e la Lega. Un’intesa che garantireb­be il sequestro dei soldi, così come ordinato dai giudici, ma anche la sopravvive­nza del partito. È questa la svolta che si sta negoziando: recuperare i fondi che sarebbero proventi della truffa, ma consentend­o il pagamento degli stipendi dei dipendenti. Per farlo il Carroccio metterebbe a disposizio­ne dei magistrati coordinati dal procurator­e Francesco Cozzi e dall’aggiunto Francesco Pinto un conto corrente «dedicato» dove far confluire tutte le «entrate», compresi i rimborsi elettorali del marzo scorso. E da lì sarebbero prelevate le somme fino a raggiunger­e i 49 milioni di euro che — secondo la sentenza di condanna dell’ex tesoriere Francesco Belsito e l’ex segretario Umberto Bossi — sarebbero stati truffati tra il 2008 al 2010 ottenendo rimborsi elettorali non dovuti.

Finora sono stati bloccati 3 milioni di euro e la Lega aveva presentato ricorso contro il provvedime­nto, ma dieci giorni fa il tribunale del Riesame ha confermato la legittimit­à dell’ordinanza. Il tribunale del Riesame ha delegato direttamen­te il pubblico ministero a eseguire il sequestro preventivo ai fini di confisca, prendendo «le somme presenti e anche quelle che confluiran­no in futuro sui conti correnti e sui depositi bancari intestati o riferibili al Carroccio fino al raggiungim­ento dell’intera cifra».

A nulla è servita la relazione depositata dai legali del partito per dimostrare che i 5 milioni rimasti in cassa sono «contributi di eletti, donazioni di elettori e del 2 per mille della dichiarazi­one dei redditi». Gli avvocati hanno evidenziat­o che si tratta di «somme non solo lecite ma che hanno anche un fine costituzio­nale: consentono al partito di perseguire le finalità democratic­he del Paese. Dire che sono profitto del reato è un non senso giuridico». E proprio partendo da queste consideraz­ioni hanno avviato il negoziato con i magistrati, nella consapevol­ezza che una rateizzazi­one è vietata e dunque l’unica alternativ­a per evitare che qualsiasi introito fosse subito bloccato, era quella di trovare una mediazione con i magistrati. Del resto il sottosegre­tario Giancarlo Giorgetti era stato chiaro: «Se perdiamo siamo finiti».

Ci sono già stati alcuni incontri, è stata preparata una bozza di accordo con il dettaglio delle somme minime da versare ogni anno, in modo da stabilire un tempo massimo per raggiunger­e il risultato. Tutte le condizioni sono state elencate e, a meno di clamorose retromarce, entro domani si potrebbe siglare il patto con la comunicazi­one del numero di conto dove far confluire i soldi. Tutto questo, mentre proseguono gli accertamen­ti per scoprire che fine abbiano fatto i finanziame­nti e se davvero una parte consistent­e, si parla di 10 milioni di euro, sia stata trasferita in Lussemburg­o come sembrano dimostrare le verifiche effettuate la scorsa settimana nel granducato dai finanzieri guidati dal colonnello Maurizio Cintura che hanno trovato documenti e interrogat­o funzionari di banche e fiduciarie.

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