Corriere della Sera

Il comico e l’archistar Amici (e concittadi­ni) divisi dal prossimo ponte

Sul blog di Grillo un progetto alternativ­o a quello di Piano

- di Marco Imarisio

«Adir poco geniale». I ponti sono fatti per unire, ma un progetto di ponte, tanto più se da realizzars­i a casa propria, può anche dividere due uomini che sono amici veri da più di trent’anni. Attenzione alle forzature e ai titoli sulle liti in famiglia, perché negli anni recenti a Beppe Grillo e Renzo Piano capita sempre più spesso di pensarla diversamen­te su molti aspetti dello scibile umano e politico, e convivono entrambi in serenità con questa diversità di vedute, come è sacrosanto che sia.

Ma l’enfasi che il fondatore ed ex plenipoten­ziario di M5S ha messo nel pubblico elogio sul suo blog dell’idea venuta all’architetto bergamasco Stefano Giavazzi per la ricostruzi­one del ponte Morandi non è passata inosservat­a, soprattutt­o in una città come Genova, dove la comunione di vita tra le sue celebrità è sempre stata vissuta con malcelato orgoglio, come un tratto identitari­o, dalla coppia Fabrizio De Andrè-paolo Villaggio a quella dei compagni di scuola e coetanei Gino Paoli e Renzo Piano, i due magneti capaci di attirare a sé una compagnia di altri espatriati che comprendev­a il comico ritornato a essere tale dopo la ritirata dal suo movimento, Antonio Ricci, suo ex autore, e anche Arnaldo Bagnasco, ex camallo del porto divenuto personaggi­o importante del mondo televisivo, scomparso nel 2012, con il dentista Flavio Gaggero a fare da fulcro e genius loci.

Sono persone che hanno a cuore Genova, e spesso si sono spese con discrezion­e per il suo bene. Infatti quando Piano ha risposto alla chiamata del presidente Giovanni Toti e del sindaco Marco Bucci, che nel momento di massima depression­e cittadina avevano bisogno di un colpo d’ala per risollevar­e il morale e l’orizzonte, molti hanno pensato che la generosità dell’architetto di fama mondiale potesse anche spiegare il silenzio prolungato del suo sodale Grillo, che da quel 14 agosto ha emesso soltanto un attacco per la verità persino flebile nei toni contro Autostrade, quasi fosse un imprimatur d’ufficio alla posizione assunta dal suo ormai ex Movimento. Non che fosse una mossa concordata, a crederci si farebbe un torto all’indipenden­za di Piano e alle regole di un’amicizia che sopravvive anche alle opinioni diverse, ma la discesa in campo del senatore a vita poteva essere interpreta­ta come un gesto che metteva d’accordo tutti, a cominciare dai parenti acquisiti.

Perché i due sono amici davvero, e non hanno mai fatto mistero del loro legame affettivo. Nel loro album pubblico dei ricordi c’è l’incursione alla Casa Bianca del 1998, quando Piano chiese a Grillo di accompagna­rlo a ritirare il premio di architetto dell’anno, con il comico che si sostituì a un vincitore delle edizioni precedenti evocato da Bill Clinton, alzandosi per ricevere gli applausi, e simulando con le mani un ponte a tripla corsia per rispondere ai commensali che gli chiedevano cosa avesse fatto ricevere quella onorificen­za. Ci sono le visite reciproche, sui cantieri e nei teatri di mezzo mondo, e poi le gite sulla barca a vela dell’attuale senatore a vita, il Kirribilli, che in lingua maori significa luogo pescoso. Alla sua inaugurazi­one, alcuni anni fa a Viareggio, fu Grillo a rompere l’ufficialit­à chiedendo all’armatore-architetto quanto l’avesse pagata. «Ma dillo in euro, così fa meno impression­e».

C’è soprattutt­o un affetto vero e capace di resistere alle scosse del tempo e della politica, con Piano in veste di fratello maggiore che dal giorno del primo Vaffa day chiamava in continuazi­one la casa di Grillo, preoccupat­o per quel che gli sarebbe potuto accadere. Anche dopo, quando M5S è diventato una cosa piuttosto seria, l’architetto ha sempre fornito una copertura all’amico, «che cavalca la ricostruzi­one di una cultura civica in Italia», mentre nel 2013 Grillo non ha esitato a candidare al Quirinale l’architetto di fama mondiale. Lui rifiutò, così come l’allora leader dei Cinque stelle rifiutò il suo invito ad allearsi con il Pd, a riprova di una reciproca indipenden­za intellettu­ale. Per tutto questo, non è facile capire quello che al netto dei rapporti tra i due potrebbe essere definito come uno sgarbo, motivato forse dal fatto che Piano è stato chiamato dalle persone, Toti su tutte, che oggi vengono percepite come fronte avverso da M5S.

Anche se il suo blog personale è ormai una palestra del bizzarro, proprio in virtù delle origini comuni, e del momento che sta vivendo la loro città, il cofondator­e di M5S dovrebbe essere il primo a sapere della differenza che passa oggi tra l’idea di un genovese che ha firmato il Pompidou di Parigi, lo Shard di Londra, l’auditorium di Roma eccetera, e quella di un suo pur valido collega che ha fama, esperienza e curriculum più circoscrit­ti. «Io credo che l’ascolto, il dibattito, anche il dissenso, siano fondamenta­li» ripete spesso Piano a proposito della sua profession­e. Resteranno amici, quasi fratelli. Ma non sono esattament­e gemelli.

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