Christine, che inguaia il «giudice di Trump»: cercò di violentarmi, pronta a testimoniare
Kavanaugh nega, ma è caos sulla nomina alla Corte suprema. Il presidente: possibili ritardi
WASHINGTON La versione di Christine Blasey Ford, 51 anni, psicologa all’università di Palo Alto: «Brett Kavanaugh era ubriaco, mi buttò su un letto e tentò di violentarmi». La risposta del magistrato: «Non ho mai fatto nulla del genere. Non conosco chi mi accusa».
Il Senato sembrava pronto a ratificare la nomina di Kavanaugh, 53 anni, alla Corte Suprema, la massima autorità giudiziaria del Paese. Ma il clamore di una festa tra studenti, di 36 anni fa, potrebbe bloccare tutto, con conseguenze imprevedibili.
Donald Trump aveva scelto Kavanaugh il 9 luglio scorso; ieri ha confermato la stima: «È un giudice eccezionale, rispettato da tutti». Nello stesso tempo, però, non liquida le accuse di Christine Basley Ford: «Ho piena fiducia nelle procedure del Senato, in ciò che vorcorte rà fare, anche ascoltando tutti. Sono disposto anche ad aspettare un po’ di più, se necessario. Mi chiedo, però, perché non sia stato fatto prima, visto che i democratici disponevano di queste informazioni dal luglio scorso». Vedremo se l’intervento di Trump sbloccherà lo stallo politico a Capitol Hill.
I democratici chiedono di fermare la procedura di ratifica, in attesa che l’fbi verifichi la fondatezza delle accuse. Una parte dei repubblicani, non tutti, chiede invece di andare avanti secondo il calendario, che prevede per giovedì 20 settembre il primo voto della Commissione Affari giudiziari.
Intanto tutti e due, Kavanaugh e Blasey Ford, si dicono disposti a comparire davanti alla stessa Commissione del Senato. Il presidente dell’organismo, il repubblicano Charles Grassley, vorrebbe evitare una seduta show, trasmessa in diretta televisiva. Propone, dunque, di acquisire le testimonianze via telefono. Ma ormai è tardi. Tv e giornali americani sono scatenati.
La vicenda comincia, come sottolineato da Trump, nel luglio scorso, quando Kavanaugh entrò nella lista ristretta dei candidati per la Suprema. Christine contattò il Washington Post e subito dopo inviò una lettera a Anna Eshoo, deputata del Partito democratico, la sua formazione di riferimento. Il testo era da consegnare alla senatrice progressista Dianne Feinstein, membro della Commissione Affari giudiziari. È la descrizione di un party tra allievi delle superiori in una casa nel Maryland, poco lontano da Washington. Era l’estate del 1982. Musica ad alto volume, birra senza risparmio. I diciassettenni Brett e il suo amico Mark Judge furono i primi a sbronzarsi. Christine all’epoca aveva 15 anni. Ricorda di essere salita in bagno, ma i due giovani la raggiunsero, la trascinarono in una camera. «Mentre il suo amico guardava, Kavanaugh mi gettò sul letto, strofinandosi su di me e cercando di togliermi i vestiti e il costume da bagno. Provai a urlare, ma mi mise una mano sulla bocca. Pensavo che avrebbe potuto uccidermi inavvertitamente. Poi Mark Judge ci è saltato addosso e nella confusione sono riuscita a scappare e chiudermi in bagno».
In tutto questo tempo non ne ha mai voluto parlare con nessuno, per timore di non essere creduta: «Ma rimasi traumatizzata e per quattrocinque anni non riuscì ad avere rapporti normali con gli uomini».
Christine si è poi sposata nel 2002 e la vicenda saltò fuori durante una seduta di psicoterapia di coppia nel 2012.
Adesso ha deciso di uscire allo scoperto: «Sento che la mia responsabilità civica supera l’angoscia e il terrore di una possibile rappresaglia». Si annuncia uno scontro aspro. In un appello pubblico, 65 donne che sostengono di aver conosciuto «Brett» negli anni della high school, scrivono: «Ci ha sempre trattato con rispetto».
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