«False piste su Borsellino dal giorno della bomba Ma ora la verità è vicina»
Il pm Di Matteo al Csm: strumentalizzazioni su Scarantino
Con «il più grande depistaggio della storia giudiziaria italiana», come l’ha definito l’ultima sentenza, lui non c’entra. Perché il falso pentito Vincenzo Scarantino stava già parlando da cinque mesi — e aveva già verbalizzato le sue prime bugie — quando il pubblico ministero antimafia Nino di Matteo ha cominciato a occuparsi delle stragi del 1992. Che oggi accusa: «Il depistaggio sulla morte di Paolo Borsellino è cominciato un minuto dopo l’attentato, con il furto dell’agenda rossa del magistrato, poi è continuato con la costruzione delle prove a carico di Scarantino, necessarie al falso pentimento». E aggiunge: «Oggi siamo a un passo dalla verità, anche grazie al lavoro mio e di altri colleghi che ha portato alle condanne in primo grado sulla trattativa Stato-mafia. Non è giusto accostarci all’ipotesi di depistaggio, in maniera strumentale, da parte di chi non vuole che si vada avanti nella ricerca della verità. Temo che distogliere l’attenzione concentrandosi solo sulla vicenda Scarantino, come sta avvenendo, possa impedire e bloccare questo percorso».
L’indagine che il Consiglio superiore della magistratura sta conducendo sulle inchieste e i processi sulla strage di via D’amelio, però, è stata sollecitata proprio dai familiari del magistrato; in particolare la figlia Fiammetta. E Di Matteo sospetta: «C’è una strumentalizzazione anche di quella sacrosanta ansia di verità, attraverso un’abile campagna di disinformazione». Per esempio quando si afferma che prima dell’ultimo processo (il Borsellino-quater, dove il pentito Gaspare Spatuzza ha sbugiardato Scarantino e provocato l’annullamento di 7 ergastoli a carico di altrettanti condannati innocenti), tutto si fondasse sul falso collaboratore di giustizia: «Non è vero, tant’è che 26 condanne non sono state intaccate da Spatuzza».
Di Matteo è stato convocato al Csm perché è stato protagonista delle indagini e dei processi
L’audizione
Il magistrato: il primo ostacolo fu il furto dell’agenda rossa e a rubarla non fu la mafia
pre-spatuzza, ma oggi il pm precisa: «Io ho cominciato a occuparmi delle stragi nel novembre ‘94, e Scarantino collaborava già da cinque mesi. Non ho mai discusso con i colleghi che l’avevano interrogato prima, che non ho visto convocati qui; non seppi dei dubbi espressi dalla dottoressa Boccassini e dal dottor Sajeva nell’ottobre ’94. Io ho