Una corona, ma tante regine di coraggio
Chiara e la sua gamba artificiale, Giulia che ha superato il blastoma al piede da bimba, Nicole che sfida le discriminazioni Le battaglie vinte dalle finaliste di Miss Italia
Comincia in ritardo e uno stilosissimo Francesco Facchinetti si cimenta nella prima impresa della serata: leggere le regole del televoto tutto d’un fiato, senza (quasi) mai prendere il respiro. Incredibilmente non muore e dà il via alla 79esima edizione di Miss Italia in diretta su La7, chiamando la sua co-conduttrice, Diletta Leotta inguainata in un abito d’oro che sberluccica come il suo ombretto (dopo opta per il rosso fuoco).
Poi via alla prima uscita delle trentatré finaliste, in costume monospalla color amaranto, per precisa volontà della patron Patrizia Mirigliani che non ha ceduto all’onda d’urto del #metoo: «Non possono farne le spese le ragazze e la loro bellezza, devono cambiare gli uomini, non le donne». Scelta ribadita da Diletta Leotta sul palco quando le ragazze hanno sfilato in bikini: «Non è un concessione al maschilismo, e a chi dice che chi mette la gonna corta se la va a cercare».
E si entra così nel vivo del concorso e di questa edizione dedicata alla resilienza. Delle ragazze che hanno guardato avanti quando tutto le riportava indietro. Che hanno creduto nella vita e che l’hanno sfidata quando sembrava che remasse contro. È stata l’edizione di Chiara Bordi da Tarquinia, 18 anni, che dopo l’incidente in cui ha perso parte della gamba ha cominciato a fare cose incredibili, che prima non immaginava: arrampicata, sub, sitting volley, basket in carrozzina, windsurf e snowboard (per lei e per la sua protesi di swarovski l’applauso più lungo). Al genio (ahimé, una donna) che le ha dato della storpia sui social, Chiara ha replicato con lucidità tranchant: «Mi dispiace molto per lei perché a me mancherà pure un piede, ma a lei manca cervello e cuore». Chiara aveva dodici anni quando si è presa in mano il suo futuro. E Giulia Auer da Bolzano, Miss Eleganza, ne aveva dieci quando un blastoma al piede le ha tolto un anno e mezzo di scuola. Neppure lei si è arresa, oggi ha 18 anni: «Lascio una parte della testa rasata perché ogni giorno quando l’accarezzo mi ricorda che la vita è bella e non è scontata».
Marta Murru, 18enne di Recco, il ponte Morandi lo percorreva due volte al giorno per andare ad allenarsi in piscina a Savona (fa parte della nazionale italiana di nuoto sincronizzato). Mentre Nicole Nietzsch da Merano ha la pelle di un bel color nocciola, sua mamma è nata a Guantanamo, conosce a memoria le poesie di José Martí Pérez e le parole dell’inno non ufficiale di Cuba, Guantanamera: «Concorro per vincere il razzismo e i pregiudizi, che esistono ancora e sperimento su di me. Voglio rappresentare l’italia perché io sono italiana» (però non passa, ndr).
La patron Mirigliani non poteva desiderare trentatré finaliste diverse. «Rappresentano la mia idea di bellezza, che è unita al carattere, ai contenuti».
Lei, che da quindici anni governa il concorso «ereditato» da suo padre Enzo, ha visto Miss Italia cambiare nel tempo all’insegna del coraggio: la prima reginetta di colore, Denny Méndez, l’abolizione delle misure («sì, un tempo le candidate venivano misurate con un centimetro da sarta»), l’introduzione della fascia Curvy e la sua abolizione quando è entrata nella cultura di tutti (adesso non c’è un limite di taglia per partecipare), l’ammissione delle mamme, l’innalzamento dell’età fino a trent’anni, l’ingresso della fascia dedicata allo Sport. Patrizia Mirigliani lo ha sottolineato: «Miss Italia deve essere uno specchio delle donne del Paese. Finora ci siamo riusciti».
L’evento e il #metoo
Mirigliani: «Ragazze in costume, perché non sono loro ma gli uomini a dover cambiare»