Chic e punk, seta e pantaloni baggy Tisci: da Burberry tutto il mio mondo
Il debutto dello stilista, che in passerella sorprende con i cambi di scena
LONDRA L’uragano Tisci soffia su Londra. Lo stilista italiano presenta la sua prima collezione firmata Burberry irrompendo sulla passerella con una potenza incredibile di proposte e suggerimenti: dallo chic al ribelle. Sorprendendo più per i cambi di scena che per la scelta di visione. Quasi non ci fosse quest’ultima, se non nella misura in cui c’è tutto il passato di Riccardo e di Burberry. «Il mio viaggio» lo ha definito lo stilista partito proprio da Londra, dallo show con cui si è diplomato alla Saint Martin e poi Parigi e il resto. Viaggio con un titolo «Kingdom», giustappunto. Ecco le lady Like alla Audrey Hepburn tanto sviscerate da Givenchy con qualche colore in più e qualche pizzo in meno. C’è il trench rivisto in proporzioni e materiali ma più che riconoscibile. C’è il check che appare e scompare. Ci sono i foulard di seta e camiciole con il fiocco di conseguenza. Ci sono i nuovi (e ricchi) fratelli dell’hip hop con tanto di pantaloni baggy e t-shirt con lettering e polaroid, anorac e sneaker: oh yeah. Poi ancora le bad girl molto punk e ribelli in scarpe bebè nere e micro abito bustier kaki. I giovani uomini in doppiopetto chiaro e la maglia seconda pelle con «chi ha ucciso Bambi?». Già chi l’ha ucciso? Rieccolo. Prorompente. Persino troppo. Ma si sa nei ritorni è difficile imbrigliare l’euforia.
Il concetto del lavoro monumentale di Tisci portato avanti in pochi mesi era comunque sotto gli occhi di tutti da qualche giorno con la riapertura dello store «head quarter» di Regent Street. Gioco facile certo con la location che era un ex teatro, ma quel che è stato capace di fare lo stilista è un geniale lavoro di punto a capo. Ha diviso i mille metri quadrati in cinque mega aeree di pezzi iconici (il trench, il check, il Montgomery, le borse) e le ha ossessivamente sviluppate nei colori basici. Al centro una incredibile installazione di Graham Hudson.
Era la Posh delle Spice Girls, ora è la lady dei Millennials. In dieci anni Victoria Beckham ha veramente cambiato pelle e abito e tutto. Con una caparbietà e una determinazione esemplari. Difficile ora credere che sia stata una scatenata pop front woman quando ti- mida e commossa esce ad accogliere gli applausi al termine della sua sfilata in una British villa-galleria d’arte. Esile e quasi persa, stretta nel suo blazer maschile over size, i pantaloni slim con gli spacchi sul davanti (una sua firma), i sandali a spillo e un body color carne. In bilico fra dolcezza e forza, femminilità e mascolinità. «Essere chi sei — dice la stilista nel back stage raggiunta dall’altrettanto perfetti marito perfetto David e i figli tutti — questo per me è importante. E la moda è uno dei mezzi per potenziare chi vuoi essere, e può essere per tutti diversa».
Nei sotterranei della Tate Modern, Christopher Kane ci prova ad andare avanti con le sue forze dopo aver annunciato di essere in trattative per staccarsi dal gruppo Kering. Un bel salto. Ieri la prima sfilata, moderne circensi con addosso sempre qualcosa di luccicante, le spalle importanti, pantaloni sottili, abiti scivolati e linguette, gonne pencil, mini abiti, tuniche, blazer, t-shirt sottolineati da calzature imprevedibili: sneaker, Richelieu, stivaletti, anfibi, sandali. Londra chiude non senza un bilancio creativamente positivo. L’uragano Burberry ha monopolizzato sì la scena, ma non si può certo dire che le stampe e i ricami nostalgici di una Russia di Mary Katrantzou o gli abiti scivolati e trattenuti di J.W. Anderson abbiano sfigurato.