Corriere della Sera

I giganti europei lasciano Londra Deutsche Bank e Ubs traslocano

Brexit, la Bce interviene: trasferite la maggioranz­a delle attività o create una filiale estera

- Giuliana Ferraino

Interviene anche la Banca centrale europea a complicare il futuro della City post Brexit. Deutsche Bank starebbe valutando di riportare a casa centinaia di miliardi di attività di investment banking, finora per la maggior parte svolte a Londra, dopo l’addio del Regno Unito all’unione europea, previsto il prossimo 29 marzo.

Se un portavoce della prima banca tedesca conferma che il gruppo aveva già annunciato l’anno scorso l’intenzione di «far diventare Francofort­e il principale hub per i clienti dell’investment banking al posto di Londra», il Financial Times quantifica il valore del trasloco: Deutsche muoverebbe circa tre quarti dei 600 miliardi di asset stimati in bilancio, una somma che equivale a quasi la metà del totale detenuto dalle banche europee in Gran Bretagna. Un colpo non da poco per la City, già alle prese con i progetti di spostament­o di uomini e attività da parte delle grandi banche internazio­nali, preparati nell’incertezza sui diritti di passaporto, visto lo stallo delle trattative tra il Regno Unito e l’unione europea.

Proprio ieri Ubs ha deciso di trasferire il quartier generale dalla City a Francofort­e, mettendo in conto lo scenario peggiore di Brexit, ossia Ceo

Christian Sewing, 48 anni, tedesco, è stato nominato Ceo di Deutsche Bank l’8 aprile 2018 al posto di John Cryan. Sewing fa parte del board di Deutsche Bank dal gennaio 2015 l’uscita dalla Ue senza un accordo. Ad annunciare la scelta è stato l’amministra­tore delegato Sergio Ermotti, in un’intervista a Bloomberg tv, precisando che il gruppo svizzero ha preferito adottare una strategia multi-location, che prevede uffici a Milano, Madrid e Parigi. «Il sistema finanziari­o sta già operando sul presuppost­o che non vi sia alcun accordo», tra Gran Bretagna e Ue, ha spiegato Ermotti. Sottolinea­ndo che «qualunque cosa accadrà da ora in poi, non renderà l’operazione meno costosa». A suo tempo, Ubs aveva già calcolato che la Brexit sarebbe costata oltre 100 milioni di franchi, compreso il costo di trasferime­nto di personale dalla City di Londra.

Per Deutsche Bank il conto probabilme­nte sarà più salato, visto che l’investment banking è la divisione più grande e storicamen­te la maggiore fonte di profitti del gruppo tedesco. Venerdì scorso, ad Amburgo, il consiglio di Sorveglian­za avrebbe rinnovato per altri 5 anni il mandato a Garth Ritchie, il sudafrican­o promosso unico risponsabi­le dell’investment banking lo scorso aprile, in occasione del cambio al vertice, che ha sostituito l’inglese John Cryan, con il tedesco Christian Sewing, attuale Ceo, per accelerare il turnaround.

Mentre è in corso il drastico piano di ristruttur­azione, la vigilanza della Bce avrebbe chiesto a Deutsche Bank di aumentare capitale e liquidità in Germania per conformars­i alle regole per le filiali in un «Paese terzo», quale diventerà il Regno Unito quando lascerà l’unione europea in marzo. Ma le richieste del supervisor­e starebbero diventando così onerose che è sempre più probabile che Deutsche trasformi il suo braccio britannico in una sussidiari­a controllat­a dopo la Brexit.

Ma se l’impatto iniziale sull’organico dovrebbe essere modesto, più grave invece le conseguenz­e economiche per la City di Londra che potrebbe dover sopportare una massiccia fuga di capitali dopo il divorzio da Bruxelles, soprattutt­o per il maggiore controllo regolament­are sulle banche da parte della Bce. Secondo lo Z/yen Global Financial Centres Index, Londra ha perso ben 8 punti nell’ultima classifica di centro finanziari­o più attrattivo del mondo ed è stata superata da New York. Se Francofort­e e Parigi risultano essere le piazze preferite per le banche internazio­nali che vogliono restare nell’unione europea, anche Milano sta benefician­do della fuga dalla City. mila posti di lavoro. Deutsche Bank ha annunciato che taglierà oltre 7 mila posti di lavoro nel mondo, scendendo dagli attuali 97 mila a meno di 90 mila dipendenti

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