Biagi impressionista e il cappotto di Oriana
Dal libro di Vittorio Feltri pubblichiamo i ritratti di alcune firme storiche del «Corriere»
Gaetano Afeltra
Quando dirigeva la redazione, Afeltra era famoso poiché perdeva i treni. Un tempo la distribuzione avveniva attraverso i convogli ferroviari, se ti sfuggiva la corsa non arrivavi in edicola. Insomma, eri fregato. Come tutti i grandi uomini che sono presi da mille dubbi, al contrario dei cretini, i quali sono sempre sicuri, Afeltra era ossessionato dal perfezionismo e tendeva a ritardare. Era il suo difetto. Il pregio, invece, era il suo sorprendente senso della notizia. Dove c’era qualcosa da approfondire Gaetano era presente.
Enzo Biagi
Lo definirei un impressionista, peraltro molto affascinante, in quanto non approfondiva mai i concetti, ne dava una pennellata, eppure riusciva a trasmettere delle sensazioni forti e penetranti grazie alla sua abilità descrittiva. Ci presentammo nello stanzone albertiniano. Allora Enzo Biagi era uno dei decani del nostro ordine, io un giovane giornalista.
Oriana Fallaci
Per la redazione, in subbuglio per il pezzo di Fallaci, sembrava a un certo punto arrivare la tregua quando l’articolo era ormai impaginato. Macché. Era tutta una diabolica finta. (...) Altro delirio. Alle due del mattino, cascasse il mondo, il giornale si chiudeva. Oriana saltellante e vispa come un grillo, lanciata un’occhiata di commiserazione a noi poveri amanuensi, raccattava cappotto e borsetta, scendeva a passo svelto lungo lo scalone e, inghiottita da un’automobile, svaniva nella notte insieme ai nostri incubi.