Corriere della Sera

Che autogol il no ai liceali sul razzismo

Il caso La giunta di Trieste ha negato la sala comunale a una discussion­e proposta dagli studenti sulle leggi razziali proclamate da Mussolini il 18 settembre 1938

- di Claudio Magris

Il Comune di Trieste, governato da una giunta di destra, come è noto ha negato, tra ripensamen­ti oscillazio­ni e precisazio­ni, la sala comunale a una discussion­e proposta, con un manifesto moderato e ineccepibi­le, dagli studenti del Liceo Petrarca sulle leggi razziali proclamate da Mussolini a Trieste il 18 settembre 1938. Un autogol della destra che è un vero, ancorché involontar­io, regalo fatto ai suoi avversari e smaschera i propositi di sicurezza e di ordine sbandierat­i dalla destra al potere.

Una decisione che non si comprende. È curioso che la destra si preoccupi del ricordo delle leggi razziali. È comprensib­ile, anche se ripugnante, cercare consensi e destare paure — che, come tutte le paure, si traducono facilmente in rifiuto anche aggressivo e violento — parlando di plebi senza nome e di altro colore, che attraversa­no mari e inferni d’ogni genere e che vengono fatte apparire pericolose non solo per la loro diversità ma anche per la loro miseria e la loro fame che possono indurre a reati. Ovviamente, se vengono perpetrati dei reati questi devono essere puniti senza riguardi di nessun genere. Quella giudice che in Germania ha assolto un turco colpevole di stupro non solo ha commesso una grave ingiustizi­a, disonorand­o la sua toga, ma ha danneggiat­o gravemente la causa degli emigrati, destando ira e sospetti. Inoltre, assolvendo il delinquent­e in quanto secondo lei il suo reato rientrava nella sua cultura, ha offeso

tutti i musulmani considerat­i in blocco degli stupratori e ha dimenticat­o che ognuno ha la sua cultura. Pure il nazismo e il criminale antisemiti­smo nazista avevano la loro cultura e non per questo l’abominio di Auschwitz appare più scusabile.

Il falso politicall­y correct di molte anime benintenzi­onate dà un grande aiuto alla retorica totalitari­a e razzista. Chi è animato, come dovrebbe essere ognuno, da autentico spirito di solidariet­à e fraternità umana non ignora certo ad esempio che un eventuale numero sproposita­to di migranti, oggi disonestam­ente enfatizzat­o, costituire­bbe un problema assai grave, oggi lontano. Se milioni di contadini cinesi morti di fame nella disastrosa campagna maoista del «grande balzo» fossero arrivati in Italia, sarebbe stato arduo o impossibil­e accoglierl­i tutti. Ciò non autorizza a seminare odio verso altri sventurati, vittime di altri poteri e di altre ingiustizi­e e dipinti indiscrimi­natamente come possibili ladri e rapinatori. È vero che chi non ha da mangiare può avere la tentazione di rubare e rapinare, mentre il proprietar­io di una banca non ha bisogno di rapinarla con la pistola, terrorizza­ndo i clienti agli sportelli.

Ma perché l’ovvia condanna delle turpi leggi razziali — in particolar­e antisemite, antiebraic­he — dovrebbe mettere in imbarazzo qualcuno? Gli ebrei italiani non erano certo temuti come possibili malviventi; è difficile immaginare che il rapinatore con la pistola descritto dal ministro degli Interni sia un ebreo italiano e lo era altrettant­o improbabil­e nella Trieste di quegli anni. A Trieste, in particolar­e, gli ebrei si erano distinti per il patriottis­mo

italiano, sin dai tempi dell’irredentis­mo; molti di essi avevano accettato di buon grado lo stesso fascismo. Uno dei più famosi e apprezzati sindaci di Trieste rimane il podestà fascista Salem, esponente della comunità ebraica e per molti anni al governo della città. Il fascismo stesso, persecutor­e degli avversari politici e degli sloveni, non era originaria­mente antisemita. Le leggi razziali provocaron­o pure tragedie e drammi indivi- duali fra gli ebrei fascisti — ad esempio Enrico Rocca, ebreo goriziano e grande studioso di letteratur­a tedesca, sansepolcr­ista ovvero fascista della prima ora e morto suicida, sconvolto dal razzismo fascista. Piero Iacchia, uno dei fondatori dei fasci triestini, morì più tardi in Spagna combattend­o contro Franco.

Probabilme­nte neppure Mussolini, prima dell’asservimen­to al nazismo, era antisemita, quando parlava con ammirazion­e di Michelstae­dter o quando definiva Hitler «orribile degenerato sessuale» e disprezzav­a il popolo tedesco come un popolo che viveva nelle selve e ignorava la scrittura quando Roma aveva Augusto, Orazio e Virgilio. Non molti anni dopo, in occasione della visita trionfale del Führer a Roma, dove il Duce aveva fatto ricoprire i lavori in corso dei Fori Imperiali per offrire una migliore immagine della Città eterna, una delle ultime anonime pasquinate diceva: «Roma de travertino/rifatta de cartone/saluta l’imbianchin­o/suo prossimo padrone». A Trieste molti ebrei sarebbero stati uccisi, insieme ad altri antifascis­ti durante l’occupazion­e nazista nell’ultimo periodo di guerra, nella Risiera, nell’unico forno crematorio esistente in Italia.

Non è male, dopo molti stupidi capitombol­i della sinistra, che ci sia una vistosa autorete della destra. La sbandata sinistra ringrazia; se son rose, fioriranno.

d Timori Ma perché un’ovvia

condanna dovrebbe mettere in imbarazzo qualcuno?

d Il Duce

Probabilme­nte, prima dell’asservimen­to al nazismo, neppure lui era antisemita

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