Corriere della Sera

UN DIKTAT PER TACITARE I MALUMORI NEL MOVIMENTO

- di Massimo Franco

Il diktat del vicepremie­r Luigi Di Maio al ministro dell’economia, Giovanni Tria, è a dir poco irrituale. Pretendere che «trovi i soldi», perché «un ministro serio i soldi li deve trovare», rivela una concezione singolare del ruolo di chi governa e deve tenere i conti in ordine. Forse, la sua uscita va letta in controluce e inquadrata nei malumori crescenti nel Movimento Cinque Stelle: malumori verso il suo leader e la subalterni­tà alla Lega di Matteo Salvini. Solo il nervosismo per il timore di non mantenere le promesse può spiegare parole così ruvide.

A questo si aggiungono il pasticcio delle Olimpiadi invernali, sballottat­e tra Torino, Milano e Cortina; e il ritardo nella scelta del commissari­o per gestire la ricostruzi­one del ponte crollato a Genova. Emerge una maggioranz­a nella quale la formazione maggiore, quella di Di Maio, sembra sentirsi insicura. E cerca di forzare sulla manovra, non riuscendo a imporre gli obiettivi che si è prefissa. Il risultato non è tanto quello di logorare Tria, ma di confermare tensioni e confusione nell’esecutivo.

«Nessuno ha chiesto le dimissioni del ministro dell’economia ma pretendo che trovi i soldi per gli italiani», lo ha strattonat­o il capo del M5S. «Non possono più aspettare». Di Maio, in partenza per la Cina, evidenteme­nte sa che un’uscita di scena di Tria terremoter­ebbe il governo sul piano internazio­nale; e che un successore non potrebbe proporre ricette diverse: a meno di far saltare i conti pubblici e vedere schizzare alle stelle gli interessi sui titoli di Stato. Per questo ha aggiunto che «nessuno ha chiesto le dimissioni di Tria».

Ma il tentativo di condiziona­rlo in vista della manovra sta assumendo toni parossisti­ci. «Il percorso bilanciato» tracciato dal ministro per conciliare «bisogni sociali e requisiti economici», non basta: soprattutt­o perché Di Maio soffre il protagonis­mo di Salvini; i rapporti freddi ma mai recisi con Silvio Berlusconi; e i sondaggi che danno i Cinque Stelle in calo a favore del Carroccio. Dunque, Di Maio alza la voce con Tria rivolto prima ancora a quei settori del Movimento che non digeriscon­o il sodalizio con Salvini; e ritengono poco incisivo il loro vicepremie­r.

Il colloquio dei giorni scorsi a casa Berlusconi ha rianimato tra i grillini il sospetto che Salvini sia pronto a accogliere alcune richieste in materia televisiva. Lo confermano le parole irritate del ministro per il Sud, Barbara Lezzi. «Salvini può dare le garanzie che vuole a Berlusconi». Ma «noi non gli faremo nessun regalo...». Si tratta di una durezza verbale che non prelude a rotture. Non esistono alternativ­e visibili al governo tra M5S e Lega. La variabile è che i contrasti accumulati alla fine sfuggano di mano; e che le divisioni esplodano.

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