Corriere della Sera

Caccia agli sprechi, la sfida per i ministri

Il cantiere della manovra. Cottarelli: servono tempi lunghi, l’ho vissuto in prima persona, è una corsa a ostacoli

- Di Enrico Marro

ROMA La formula magica per la manovra finanziari­a è, da lunedì sera, il «taglio degli sprechi». Tre parole alle quali si sono aggrappati l’altro ieri il premier, Giuseppe Conte, e i due vice, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, quando, dopo il vertice col ministro dell’economia, Giovanni Tria, hanno capito che per finanziare il faraonico programma di governo non si può aumentare più di tanto il deficit ma bisogna trovare delle coperture, cioè più entrate o meno spese. E siccome nessuno vuole aumentare le tasse non resta che ridurre le uscite. E quale migliore ricetta del taglio degli sprechi contro i quali si sono scagliati la Lega e i 5 Stelle mentre stavano all’opposizion­e? L’altra formula alla quale di solito si ricorre quando si arriva all’ultima spiaggia è «la lotta all’evasione fiscale». Ma con l’aria di condono che tira il governo del cambiament­o ha deciso di puntare sugli odiati sprechi. Solo che quando si passa dagli slogan alle misure che dovranno essere dettagliat­e con la legge di Bilancio 2019 che il governo presenterà a metà ottobre il discorso cambia.

«Nel giro di poche settimane non è possibile fare molto», dice Carlo Cottarelli, già commissari­o per la revisione della spesa pubblica (spending review) sotto i governi Letta e Renzi e ora direttore dell’osservator­io sui conti pubblici presso la Cattolica di Milano. «Ci sono due categorie di sprechi - dice l’economista -. La prima riguarda la produzione di servizi pubblici a un costo che potrebbe essere più basso. Per esempio si possono eliminare o accorpare alcuni uffici sul territorio o ricontratt­are i canoni di affitto. Oppure coordinare meglio le forze dell’ordine. O ancora chiudere enti inutili. Ma si tratta di operazioni che richiedono tempi lunghi e passaggi complicati riguardant­i i dipendenti pubblici coinvolti». I risparmi, insomma, non sono certi e non arrivano subito. Più semplice, invece, intervenir­e sulla seconda categoria di sprechi, quelli frutto di prezzi eccessivi pagati quando la pubblica amministra­zione compra beni e servizi. Qui la riforma è già in corso da alcuni anni con l’accorpamen­to delle centrali d’acquisto e le gare Consip. Processi che si possono «accelerare», dice Cottarelli. Ma anche in questo caso non si può pensare di ottenere quei 15-20 miliardi che servirebbe­ro per il reddito di cittadinan­za, «quota 100» e la flat tax.

Se si vogliono risparmi certi

e rapidi, spiega l’ex commissari­o alla spending, «si possono solo tagliare trasferime­nti e agevolazio­ni, ma non stiamo parlando più di sprechi in senso stretto», bensì di scelte politiche. «Si può allora decidere di ridurre i trasferime­nti a un settore produttivo piuttosto che le agevolazio­ni al cinema o all’ippica o determinat­i bonus, da quelli per l’autotraspo­rto a quelli per i diciottenn­i», osserva Cottarelli. Stesso discorso per le cosiddette tax expenditur­e, la giungla di detrazioni, deduzioni e agevolazio­ni fiscali che dal 2011 (rapporto Vieri Ceriani) tutti i governi hanno annunciato di voler sfoltire, senza riuscirci.

Alla fine, dice Cottarelli, quello che hanno sempre fatto i governi sono i «tagli lineari», ai ministeri e agli enti locali, «chiamandol­i impropriam­ente spending review». Anche questa volta Tria, come i suoi predecesso­ri, ha chiesto ai ministri di fargli avere le proposte di riduzione della spesa di loro competenza, contando di risparmiar­e qualche miliardo. E anche questa volta gli enti locali sono in allarme. Adesso, però, dopo il vertice di lunedì, Tria dovrà inventarsi qualcosa di nuovo. In Senato, giusto ieri, il presidente della commission­e Bilancio, Daniele Pesco (5 stelle) ha annunciato una commission­e d’indagine per una «rapidissim­a analisi» sugli sprechi. Verranno auditi tutti: dalla Banca d’italia all’istat alla Corte dei Conti. Tutto già visto e sentito. Ma la manovra è dietro l’angolo e le formule magiche non bastano.

I ministeri

Il Tesoro ha chiesto ai dicasteri l’elenco dei tagli, le audizioni da Istat a Bankitalia

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