Corriere della Sera

Portata via, chiede aiuto dal Pakistan alla sua scuola

- di Viviana Mazza

«Aiutatemi, vi prego». La lettera è stata recapitata all’istituto superiore Ettore Majorana di Cesano Maderno (Monza). L’ha inviata una ex studentess­a 23enne. «Mi trattengon­o in Pakistan contro la mia volontà, mi hanno distrutto i documenti perché non voglio sposare l’uomo che i miei genitori hanno scelto per me». Dopo Farah, 19enne di Verona riportata in Pakistan a maggio e costretta ad abortire (e altre che prima di lei sono state uccise per «onore»), una nuova storia oppone prime e seconde generazion­i di famiglie immigrate in Italia. Dà speranza che questa ragazza identifica­ta solo come «Shaheen» chieda aiuto alla scuola che ha frequentat­o fino al 2015, un legame che non si esaurisce al suono della campanella: «So che una mia professore­ssa chiedeva che fine avevo fatto». Significat­ivo ciò che Shaheen dice all’ansa che l’ha raggiunta per telefono: ha incontrato in Pakistan un altro ragazzo con cui sta anche se suo padre è contrario. Una rivoluzion­e silenziosa sta avvenendo, non solo nelle seconde generazion­i da noi ma in molti Paesi d’origine: l’accesso delle donne all’istruzione e al lavoro è aumentato in maniera esponenzia­le. Ciò si accompagna a una rinegoziaz­ione di cosa significhi essere una «brava ragazza». Accanto ai matrimoni combinati, comuni tra le famiglie più religiose, tribali o privilegia­te (queste ultime per proteggere le terre), ci sono ormai giovani che si sposano per amore. La linea rossa resta «l’onore». Ma una cosa è cambiata: le millennial pachistane vogliono scegliere.

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