Investimenti, la corsa straniera sulle aziende hi-tech italiane
Cipolletta (Aifi): ancora poche operazioni dei nostri fondi pensione
Imercati internazionali credono — e quindi investono — nella forza e nell’affidabilità delle imprese italiane. Anche in quelle più innovative e hi-tech. È quanto emerge dai numeri raccolti e analizzati dall’aifi e da Pwc Deals relativi al mercato del private equity e del venture capital nel primo semestre 2018.
La fotografia parla abbastanza chiaro: da gennaio a giugno i fondi di private equity e venture capital attivi in Italia hanno investito 2,9 miliardi di euro, mentre la raccolta di nuovi impegni di investimento è stata pari a 1,9 miliardi di euro. Dati in crescita, rispetto a un anno fa, rispettivamente del 49 e del 55 per cento, e sostanzialmente in linea — certo non in valore
Il trend
In sei mesi la raccolta a favore delle start up è cresciuta del 122% a quota 96 milioni
assoluto ma nel tasso d’incremento — con ciò che sta accadendo nel resto delle economie avanzate. Spiega il presidente dell’associazione italiana del private equity e del venture capital, Innocenzo Cipolletta: «Al netto delle operazioni straordinarie che sono state chiuse nel primo semestre (quindi la maxi offerta di Global Infrastructure Partners III sui treni di Ntv, ndr) il risultato della raccolta è da giudicare molto buono».
Escludendo poi l’attività dei soggetti istituzionali, il fundraising degli operatori privati è stato di 1,3 miliardi, contro i 453 del primo semestre del 2017. E qui, forse, c’è il passaggio più interessante della ricerca: gli investitori internazionali hanno pesato sulla raccolta di mercato totale per il 38%, addirittura il 50 se si escludono gli istituzionali. «Un segnale che si presta a due ragionamenti — prosegue Cipolletta —. Da un lato la crescente presenza della finanza straniera indica come il merito di credito del Paese reale sia intatto malgrado la fuga di capitale dai titoli di Stato. Dall’altro, tuttavia, segnala un male ormai cronico, e cioè la scarsa presenza dei fondi pensione, delle assicurazioni e delle casse professionali made in Italy. Una disattenzione — prosegue l’economista — tanto più incomprensibile in quanto i vantaggi fiscali del private equity sono indiscutibili».
Ma chi investe direttamente in azienda aggirando il tradizionale ricorso al deposito bancario? «Se consideriamo soltanto i soggetti privati — ragiona Francesco Giordano, partner di Pwc Deals — la prima fonte sono gli investitori individuali e i cosiddetti family office, in particolare le holding di risparmio di imprenditori, che conoscono bene il mercato di riferimento, seguiti appunto dai fondi pensione, di cui solo un terzo di provenienza domestica».
Lato target, invece, se si escludono i large ei maga deal, sono le aziende nella loro primissima fase di sviluppo — il cosiddetto early stage — ad attirare il maggior interesse degli investitori. Il segmento del venture capital è infatti cresciuto del 122%, toccando quota 96 milioni, mentre il buyout (cioè l’acquisizione di quote di maggioranza) è aumentato del 10% toccando
I soggetti
Sono i family office a tonificare il mercato interno, espressione di singoli imprenditori
quota 1,3 miliardi. «Continua il trend di crescita evidenziato nella seconda metà del 2017 — prosegue Giordano —. In particolare l’aumento del 15% nelle operazioni nei segmenti early stage, expansion e mid buyout è un segnale molto incoraggiante per la solidità del mercato e i futuri sviluppi».
Per quanto riguarda la distribuzione settoriale, in termini di numero di deal, nel comparto Ict sono state concluse 31 operazioni (il 19% del totale), nel settore dei beni e servizi industriali 28 (il 18%) e 20 nel medicale (corrispondenti al 12%).
La geografia, infine, privilegia ancora una volta il Norditalia con 117 operazioni (il 78%), addirittura in crescita rispetto alle 93 dello stesso periodo dell’anno precedente.