Corriere della Sera

«Non sono dei barbari Ma le forze al governo ora favoriscan­o la concordia nazionale» L’ex leader: Renzi è stato tracotante, il Pd cambi stile

- di Daria Gorodisky

«N on sono arrivati i barbari, no. I partiti che sono al governo sono rappresent­anti del sentimento popolare. E, insieme con tutti gli altri, hanno il dovere di favorire l’unità nazionale: altrimenti, l’italia sarà molto indebolita». Francesco Rutelli, da 6 anni fuori dalla politica attiva e «senza alcuna intenzione di tornarvi», vuole lanciare questo «allarme» sia alla maggioranz­a che alle opposizion­i.

Una vita politica trascorsa prima con i Radicali e poi nel centrosini­stra; e adesso, nel momento di massima crescita a destra degli ultimi decenni, lancia l’invito a non demonizzar­e l’avversario. Anzi, a collaborar­e.

«La ribellione politica che stiamo vivendo è figlia del malessere economico, dell’aumento della povertà. E non è una sorpresa: già nel 2013 i 5 Stelle erano diventati il primo partito italiano, anche se poi il Pd ha governato per 5 anni. Chi oggi si indigna per l’esecutivo giallo-verde non è rispettoso dell’umore popolare».

Il centrosini­stra vede un rischio populismo: richiami efficaci e facili per solleticar­e i nervi più scoperti dei cittadini a danno, però, di valori e principi democratic­i.

«Per troppo tempo non ci siamo resi conto che la crisi economica interna alimentava una generica avversione alle élite. Si è mancato nel non usare un “elitometro”… Così come abbiamo peccato di snobismo rispetto ai timori delle migrazioni».

Sono stati trascurati i temi veri, chi governava è stato lontano dalla realtà?

«Siamo stati per troppi anni un Paese di sbarchi ma senza integrazio­ne. Certo, quando era ministro dell’interno Marco Minniti ha ben operato. Però prima l’unico messaggio che arrivava dalla sinistra diceva che nessuno può fermare la migrazione globale».

Che cosa si sarebbe dovuto fare?

«Come diceva Longanesi, l’italia è un Paese di inaugurazi­oni e non di manutenzio­ne. Non è stato combattuto abbastanza il traffico di esseri umani, che è un crimine contro l’umanità e messo in atto da mafie, e non si è attuata un’integrazio­ne almeno decente. Né si è saputo leggere l’ansia che, su questi temi, cresceva nell’elettorato di centrosini­stra. Un suicidio».

La Lega l’ha letta molto bene, quell’ansia.

«5 Stelle e Lega hanno vinto e adesso devono portare risultati. Questo può avvenire soltanto con una crescita di impresa e lavoro, che si ottiene se c’è una solida base di concordia nazionale. È pericolosi­ssimo alimentare la discordia per aumentare i consensi».

Crede che non ci siano sufficient­i istituzion­i di garanzia?

«Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, esercita questo ruolo. Ma è dovere di tutte le istituzion­i e di tutti contribuir­e alla concordia nazionale. Altrimenti l’italia rischia di sfibrarsi, e di indebolirs­i in Europa. Siamo un Paese fragile, medio-piccolo, non stampiamo moneta, non siamo autonomi: non possiamo ripiegarci su noi stessi».

Nel governo ci sono divisioni, ma c’è anche la consapevol­ezza di essere maggioranz­a. Le sembra che abbia intenzione di dialogare con le opposizion­i?

«Infatti mi appello principalm­ente proprio all’esecutivo. Le elezioni sono la stagione

La ribellione politica stiamo che vivendo figlia del è malessere economico, dell’aumento della povertà Chi oggi si indigna per il governo giallo-verde non è rispettoso dell’umore popolare

Per troppo tempo non ci siamo resi conto che la crisi interna alimentava una generica avversione alle élite. Così come abbiamo peccato di snobismo rispetto ai timori rispetto all’immigrazio­ne

È dovere di tutti contribuir­e all’unità. Altrimenti l’italia rischia di indebolirs­i in Europa. Siamo un Paese fragile

delle diversità, il governo è la stagione della concordia. È il momento di unire e non di disintegra­re, se si vuole il bene del Paese. Torno a dire che rispetto pienamente il modo in cui il popolo si è espresso alle ultime Politiche, ci trovo anche una certa saggezza. Però adesso si deve andare oltre per garantire le basi della concordia nazionale».

Nella Storia ci sono stati diversi esempi di scelte popolari scellerate.

«Sì, tante dittature sono state confortate da ampi consensi elettorali. E sicurament­e va evitata qualunque esasperazi­one partigiana. Ma oggi l’italia è basata sulla democrazia, e inserita in Europa: e questo è rassicuran­te».

Prima ha fatto riferiment­o ad alcune responsabi­lità del centrosini­stra...

«Non posso non aggiungere che Matteo Renzi, che è e resta forte, è stato vittima di quella che i Greci chiamavano hybris: la tracotanza. È un registro che il Pd deve cambiare se vuole evitare la sindrome, per dirla con Agatha Christie, dell’ “alla fine non rimase nessuno”».

Che cosa dovrebbe fare il centrosini­stra per tentare di risorgere? Qualcuno ha proposto di cancellare il Pd per formare qualcosa di diverso.

«Oggi non c’è parola più attuale di “democratic­i”, ma bisogna reinventar­la. Nel mondo digitalizz­ato cambia il potere del popolo, e non bastano i tweet oi click. Occorre formare una classe dirigente, creare un coinvolgim­ento che sia il più ampio possibile. Pd e centrosini­stra devono unire il meglio che hanno, abbandonan­do le lotte interne, per prepararsi a mandare i migliori in Europa con le elezioni dell’anno prossimo. Se questo non accadrà, andrà alle urne soprattutt­o chi è contro l’ue. E vincerà l’antieurope­ismo con l’illusione autoritari­a dell’ “uomo forte”».

I democratic­i «Cambiare nome? Non c’è parola più attuale di democratic­i ma bisogna reinventar­la»

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Il profilo Francesco Rutelli, 64 anni, ex ministro, ex sindaco di Roma, presidente dell’anica (Lapresse)

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