Corriere della Sera

Pozzetto tra centinaia di fan torna il ragazzo di campagna

Pavia, nel paese in cui fu girata la scena cult del treno. «Lui è unico»

- (foto Marcella Milani)

Eh, la città l’è tentacolar­e, l’è ‘na brutta bestia... A 78 anni e alle cinque meno dieci, un caldo boia e lui col giubbotto, il ragazzo che guardava passare i treni torna a riguardarl­i sul luogo del diletto: in campagna. Posteggia di fianco alle rotaie del Pavia-mortara. Apre la portiera. Tira fuori una seggiola impagliata che s’è portato da casa. S’accomoda all’altezza del cartello Plkm 53 +542. E aspetta. A fargli compagnia sono arrivati in 450, dal Belgio e da Stoccarda, da Nizza e da Napoli: anche loro con la loro brava sedia, camminando lungo la callaia delle risaie, sedendosi attorno. «Ecco, ecco che arriva!». Il macchinist­a delle Trenord che s’è lasciato dietro la città tentacolar­e, che ha visto la piccola folla e che sa già di dover rallentare nonostante i cinque minuti di ritardo, fa quattro fischi. Li saluta, lo salutano. Ciao, ciao bella gioia. Beato te, contadino. Fortunato te, macchinist­a. E quand’è passato, tutti in coro, a rifare la scena vista centinaia di volte. E recitare la battuta immortale: «Eh beh, insomma, il treno è sempre il treno, eh?».

Accadde tutto qui. In questi campi della bassa Lomellina. Tra Carbonara e Cà ‘d Badò, nell’immaginari­o Borgo Tre Case frazione di Borgo Dieci Case. In questa Lombardia ormai tutta capannoni e svincoli e autovelox, dove Renato Pozzetto girò «Il ragazzo di campagna», bucolici e comici 92 minuti che per trentaquat­tro anni segnarono la vita di queste persone, a giudicare dall’affetto. Ogni 22 settembre, Oggi e ieri Milano giorno che nel film prevede le impossibil­i nozze fra il contadino Artemio e la diplomata Angela («Diplomata? Allora l’è un putanùn»), i ragazzi di campagna si radunano in bretelle e cappellacc­io per incontrare il loro mito, offrire vino cartonato Doc, cenare col risotto tentacolar­e alla scoreggion­a e col coniglio (altra storica battuta: «Possibile che tutte le volte che muore un gatto tu mi cucini il coniglio?»), bere l’amaro del capo(treno), ripetersi il tormentone pozzettian­o «Ta-ac» che hanno stampato pure sulle magliette nere, con la stessa grafica gotica degli Ac-dc...

«È un film che ha scandito la mia adolescenz­a» (Elisa Farina, 37 anni, istruttric­e in palestra). «Ho appiccicat­o la

Il ragazzo di campagna è un film di Castellano e Pipolo del 1984. Racconta di un contadino, Renato Pozzetto, che decide di andare in città a lavorare scritta “trasporto letame” anche sul mio quad» (Fabrizio Ferrari, 38, informatic­o). Nostalgia di quegli anni? «Può darsi», dice Riccardo Minetti, 39 anni, fiorentino che ha organizzat­o il raduno sulla falsariga di quello per gli orfani di tognazzi e di «Amici miei»: «Di sicuro, nostalgia di quel cinema italiano. Alimentata dalle porcate prodotte oggi. Quando abbiamo proiettato Pozzetto all’anteo, tempio milanese dell’impegno, noi abbiamo riempito due sale zeppe. Nelle altre, c’erano sì e no quaranta persone...».

E vissero sempre contadini e contenti. E oggi si mettono in coda per i selfie. E ritornano tutti eterni ragazzi fra la via Gluck e le aie. «Ho fatto un’ottantina di film — racconta Renato —, non so perché proprio questo sia entrato nella

Nei panni di Artemio «Ho fatto ottanta film e non ho capito perché questo sia tanto amato Ora lo porto in teatro»

mitologia. È il mistero dello spettacolo. Il “Ragazzo di campagna” adesso lo porto anche in teatro, perché certe battute fanno ancora molto ridere». Aiuta a diluire la rabbia che si vede, si legge, si sente... «Io sto alla larga dalla politica, è una gran confusione. Un tempo, Lauzi mi convinse a candidarmi coi repubblica­ni, oggi non saprei proprio. Dicevano che mi piaceva la Lega, ma solo perché sono di Gemonio, il paese di Bossi». Si ride meno? «Ogni epoca ha il suo modo di divertirsi. All’inizio, non ci capivano e non potevano vederci. Poi per un po’ ci hanno copiato: me, Cochi, quelli del Derby. Dopo, hanno smesso». Adesso va Checco Zalone... «Mah, è uno che incassa tanto, ma fa pochi film...».

Il Ragazzo Day è lungo, «Renato, stasera si mangia il gatto, ti fermi a cena?...» (risposta: un sospiro). Salutato il treno, il rito prevede la visita alla casa dell’artemio, il premio ai contadini più belli, l’orchestrin­a folk, ovviamente la proiezione del Capolavoro. Arriva anche il sindaco di Carbonara, Stefano Ubezio, racconta come fu lui a scoprire la targa commemorat­iva del film e ad attrarre le prime folle. A nome dei 1.500 amministra­ti, propone a Renato la cittadinan­za onoraria. Il Ragazzo apprezza: «Eh, i riconoscim­enti sono i riconoscim­enti». Poi concede un sorriso storto: «Ma anche una bella rottura di c..., eh?...».

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Sopra, a sinistra, Renato Pozzetto, 78 anni, ieri tra i suoi fan in attesa del treno come nella celebre scena del film «Il ragazzo di campagna» di 34 anni fa, a destra
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