L’ITALIA E IL CASO SKRIPAL, UNA POCO DIGNITOSA ACQUIESCENZA CON MOSCA
Nei rapporti tra Stati, come tra le persone, conta quello che si fa, ma anche ciò che in determinati momenti si sceglie di non fare. Non è dunque un bene che il nostro Paese stia dando ai propri alleati politici e militari l’impressione di staccarsi dal loro gruppo di testa sull’avvelenamento di Sergei Skripal, l’ex spia russa arrivata nel marzo scorso con sua figlia Yulia quasi in punto di morte dopo un contatto inconsapevole con una sostanza tossica, l’agente nervino Novichok.
Risalta tuttora l’assenza della firma dell’italia nella dichiarazione con la quale Usa, Germania, Regno Unito, Francia e Canada il 6 settembre hanno sollecitato Mosca a rivelare il suo programma Novichok e apprezzato le indagini britanniche che individuano in uomini del servizio segreto russo Gru i responsabili dei tentati omicidi. Assomigliava al divagare incespicante di chi è a corto di argomenti ciò che il governo, giovedì, ha risposto nella commissione Esteri della Camera a un’interrogazione di Lia Quartapelle, Pd, sulla mancata adesione alla dichiarazione. Il sottosegretario agli Esteri Guglielmo Picchi, Lega, ha detto che sulla scelta di non firmare «hanno influito» il «formato e le modalità»: il primo «non era quello del G7, in quanto assente il Giappone» e sul caso «la valutazione dei nuovi elementi da parte del governo era ancora in corso». Dialogare con la Russia è necessario. Ma per l’italia, che anche all’appartenenza a Nato e Unione Europea deve l’avere un prodotto interno lordo superiore al russo, abbassare la fronte verso Mosca è segno di furbetta acquiescenza. Non della dignità del ruolo che il nostro Paese merita.
dbcdan