Corriere della Sera

Il paradosso dell’era e-commerce «Tornano anche i negozi sotto casa»

Tassel, presidente europeo di P&G: la gente invecchia e le famiglie si restringon­o

- Giuliana Ferraino

«Esplosione dell’e-commerce ma anche rinascita dei negozi sotto casa, sono due delle tendenze, già in atto, che stanno costringen­do le aziende a reinventar­si», racconta Loic Tassel, 51 anni, francese, da gennaio presidente di Procter & Gamble Europe. «P&G è molto diversa rispetto a 5 anni fa: siamo una società più snella e più semplice, perché abbiamo ceduto alcune attività, per concentrar­ci su 10 business unit, con un portafogli­o di 65 marchi. Prima erano quasi 200. Ma anche l’organizzaz­ione interna è diventata molto più agile, più digitale, più preparata per il futuro. Le nostre vendite online 5 anni fa valevano meno di 200 milioni di dollari, oggi rappresent­ano oltre un miliardo di ricavi e in Europa il 30% dei prodotti a marchio Braun o degli spazzolini elettrici Oral-b sono venduti sul web. Un cambiament­o che implica lavorare con nuovi partner, come Amazon, e società di pagamento elettronic­o».

Come immagina il gruppo fra 5 anni?

«Il futuro rifletterà tre grandi trend: l’esplosione dell’e-commerce, Italia compresa, ma anche la rinascita dei piccoli negozi di prossimità, per rispondere al cambiament­o demografic­o di una popolazion­e che invecchia sempre di più, con famiglie più piccole, dove entrambi i genitori lavorano, e meno automobili. Sta già avvenendo: cresce la percentual­e di persone che comprano nel negozio sotto casa, ma anche la loro spesa, mentre vediamo molte meno aperture di grandi ipermercat­i lontani dal centro».

Qual è il terzo trend?

«L’affermarsi della sostenibil­ità come valore nelle scelte dei consumator­i, finora sensibili ai criteri di qualità e prezzo. Oltre a quanto costa e quanto vale, chi compra si chiede se è buono, non solo per l’ambiente, ma anche per la sua salute. È una nuova tendenza cominciata in Europa con il food, ora sta arrivando nel nostro settore. E costringe, insieme agli altri cambiament­i in corso, le aziende a reinventar­si. Ad esempio, abbiamo lanciato il Programma 2030 per eliminare entro quell’anno le emissioni e gli scarti delle nostre fabbriche, significa impiegare meno energia, meno plastica, non usare ingredient­i nocivi».

Qual è l’impatto delle nuove tecnologie sui prodotti di largo consumo?

«Innanzitut­to l’e-commerce sta totalmente cambiando la distribuzi­one. Stiamo facendo alcuni test negli Usa e in Gran Bretagna, per conoscere il consumator­e sul web, ma non puntiamo a vendere online, perché siamo e resteremo un’azienda manifattur­iera. La tecnologia però ha cambiato anche i processi produttivi: 5 anni fa occorrevan­o 5 anni per passare dal prototipo alla produzione di massa, oggi bastano 2 anni e il nostro obiettivo è di scendere a un anno entro i prossimi 36 mesi. Ma c’è anche l’innovazion­e del prodotto. Pensiamo a Dash Pods, le monodosi per la lavatrice, che siamo stati i primi a lanciare in Italia, o al nuovo spazzolino elettrico Oral-b Genius che si collega bluetooth con lo smartphone e offre una serie di informazio­ni al consumator­e: per quanto tempo si è lavato i denti, se ha usato troppa pressione. Lo scopo del prodotto non cambia, ma arricchisc­e l’esperienza quando si usa».

Qual è l’impatto sui conti?

«Straordina­rio, soprattutt­o nei Paesi a bassa crescita e con una demografia negativa come l’italia, dove ad esempio nel 2018 il 92% della crescita, in valore, nelle categorie del largo consumo nelle quali competiamo è stato guidato da prodotti P&G».

E l’italia come va rispetto al resto dell’europa?

«P&G Europe ha chiuso il bilancio al 30 giugno con 15,5 miliardi di dollari di ricavi, in salita del 2% rispetto a un mercato che ha segnato +1,5%. Il nostro obiettivo è continuare a crescere tra il 2/3% all’anno. In Italia? Negli ultimi 2 anni P&G è andata molto bene, con una crescita tra il 2 e il 3%, in un mercato che non ha superato l’1%. E potrà fare meglio, perché alcune dei prodotti più innovativi hanno ancora una bassa penetrazio­ne. Perciò continuere­mo a investire, ma punteremo soprattutt­o sui marchi premium».

La rivoluzion­e tecnologic­a sta cambiando anche la comunicazi­one. Come si muove un grande investitor­e come P&G?

«Gli investimen­ti totali sono cresciuti, ma è cambiato il mix: se la parte più grande va ancora alla tv, ci stiamo muovendo dalla comunicazi­one di massa a un pubblico targettizz­ato, anche se non ancora agli individui. Non solo online, come dimostra la nostra rivista specializz­ata Victoria, che spediamo gratis ai consumator­i con più di 50 anni. Ha così tanto successo che dopo l’italia la esporterem­o in Germania, Regno Unito e Francia»

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