Da ingenua a d’avanguardia L’illusione di un’arte popolare
Il linguaggio del consumismo non ha annullato la distanza tra élite e masse
del naïf, di una dimensione folcloristica e rurale; Halloway, invece, sposta il termine «arte popolare» nel contesto industriale e urbano per indicare l’opera di artisti che attingono all’immaginario dei mass media, dei fumetti, dei manifesti, del consumo di massa. Da ingenua, quindi, l’arte popolare diventa una forma d’arte d’avanguardia, quindi elitaria, stando però, apparentemente, dalla parte del popolo. Proprio su questo rapporto ambiguo fra masse ed élite si è fondato il suo successo che ha spazzato via la vera cultura popolare, il folclore, sostituendola con il kitsch. Ovvero, secondo Clement Greenberg, distruggendo la cultura autentica e abbattendo qualsiasi distinzione fra i valori che si possono trovare solo nell’arte e quelli fuori.
Il Sessantotto doveva ancora scoppiare e mancavano almeno cinquant’anni all’«uno vale uno» dell’odierna predicazione populista, ma la Pop Art aveva dunque già trovato la strada per un successo esplosivo con la formula di inglobare in sé persino la cultura visiva delle masse poco scolarizzate, comprese le massaie, che compravano la Campbell’s soup o il detersivo Brillo. Anche loro, adesso, potevano entrare a pieno titolo nel santuario dell’arte. «Mentre guardi alla televisione la pubblicità della Coca-cola, sai che anche il presidente beve Cocacola, e anche tu puoi berla. Una Coca è una Coca, nessuna somma di denaro ti può permettere una Coca migliore di quella che beve il barbone all’angolo della strada», spiegava Warhol. Imballaggi, etichette, star del cinema e della pubblicità vengono frullate in un’unica democratica ricetta visiva dove l’alto si mescola col basso e anche le icone della grande storia dell’arte, come la Gioconda, conquistano il paesaggio comune attraverso la riproduzione su tazze o pantofole.
Non ci sono più torri d’avorio, è vero. Eppure niente è come appare: l’arte Pop non è diventata popolare nel senso di accessibile a tutti. Puoi anche illuderti di avere in casa una serigrafia di Warhol acquistata per 10 dollari; ma quelle che valgono milioni, autenticate dal mercato, si trovano nei salotti dei miliardari. La rivoluzione prodotta dalla massificazione dell’arte è riuscita a mantenere saldamente il valore nelle casseforti delle élite le quali hanno lasciato al popolo il kitsch, il cattivo gusto, la riproduzione seriale, con mezzi industriali e a basso costo, delle icone. Fra avanguardia e kitsch, la Pop Art ha giocato l’apparenza della sua rivoluzione. E fra questi due estremi al popolo è toccato il luccichio della paccottiglia.