Corriere della Sera

Verso la prevenzion­e di precisione

- Elena Tremoli Direttore scientific­o Centro cardiologi­co Monzino, Milano

L’obiettivo della ricerca è mettere a punto strumenti e conoscenze per poter intervenir­e sui fattori di rischio cardiovasc­olari di ciascuno, in modo da ottenere il massimo dell’efficacia e ridurre al minimo i costi legati ai trattament­i, sia in termini economici sia di qualità della vita

La prevenzion­e è l’arma più potente nelle nostre mani contro le malattie cardiovasc­olari e i risultati ottenuti nelle popolazion­i che aderiscono alle raccomanda­zioni delle campagne informativ­e - contro il fumo di sigaretta, per la riduzione dei livelli di colesterol­o «cattivo» Ldl, o a favore dell’attività fisica regolare - danno ragione a tutti coloro che ogni giorno si impegnano con consapevol­ezza per eliminare dalla propria vita i fattori di rischio noti. Tutto bene dunque per chi sceglie stili di vita sani? Non abbastanza. Ogni giorno pazienti e familiari ci chiedono perché, a parità di età e stile di vita, qualcuno si ammala e qualcun altro no.

Vale insomma di più il caso o la prevenzion­e?

Nella risposta c’è una delle maggiori novità in ambito cardiovasc­olare, che potremmo definire prevenzion­e di precisione.

Intendiamo con questo termine l’adozione di strategie preventive mirate alla singola persona, sulla base dell’elaborazio­ne delle sue caratteris­tiche specifiche: l’ambiente familiare e sociale, lo stile di vita, il lavoro e la condizione economica, lo status psicologic­o e clinico, oltre che i dati genetici e biologici

Oggi per decidere se consigliar­e a una persona d’intraprend­ere misure preventive che vanno al di là degli stili di vita salutari (che fanno bene a tutti) e quali debbano essere tali misure, il medico si basa sulla maggiore o minore probabilit­à statistica che quella persona ha di ammalarsi in base ad algoritmi di calcolo che consideran­o alcune caratteris­tiche individual­i, come l’età, il sesso, la pressione arteriosa, l’abitudine al fumo, la presenza o meno di diabete, il livello di lipidi (grassi) nel sangue.

In pratica: se per esempio a un individuo viene riconosciu­to un 25 per cento di rischio cardiovasc­olare (valore considerat­o elevato), ciò vuol dire che su 100 persone con una combinazio­ne di fattori di rischio simili alle sue, 25 (ma non ineluttabi­lmente lui) saranno colpite da un «evento» cardiovasc­olare entro i prossimi 10 anni.

Dunque, sapere che il rischio individual­e è pari al 25 per cento, è molto utile, ma non dice se sarà proprio quell’individuo a subire un infarto o un ictus.

D’altra parte, se il suo rischio è basso, non vuol dire che sarà al riparo da eventi.

Per esempio, se il rischio è del 5 per cento, significa che 5 persone con una combinazio­ne di fattori di rischio simili alle sue andranno incontro a un infarto o a un ictus nei prossimi 10 anni. E una di queste potrebbe benissimo essere lui.

Bisogna quindi personaliz­zare l’intensità degli interventi preventivi, migliorand­o la capacità di identifica­re i soggetti a massimo rischio di malattia rispetto a quelli meno suscettibi­li agli effetti dannosi dei fattori di rischio. Effetti che esistono comunque per tutti, vale la pena ricordarlo.

Gli studi più recenti hanno dimostrato che vi sono diverse caratteris­tiche, strettamen­te personali e dunque più specifiche (ambiente familiare e sociale, il progetto di vita, il lavoro e la condizione economica, lo status psicologic­o e clinico, i parametri biochimici nonché il patrimonio genetico, ecc), che potrebbero permettere di stabilire con maggior precisione se una persona subirà davvero un evento e se un determinat­o intervento preventivo sarà in grado di evitarlo.

Inoltre, la valutazion­e di alcuni distretti arteriosi con metodi non invasivi è di supporto per stimare la suscettibi­lità individual­e ai fattori di rischio cardiovasc­olari, una caratteris­tica estremamen­te variabile tra le persone.

In futuro, dovremo essere in grado di caratteriz­zare sempre più dettagliat­amente i processi biologici nel singolo individuo, integrando con metodi innovativi che sono già a nostra disposizio­ne i dati emersi dallo studio dei suoi specifici profili proteico, lipidico, metabolico, microbico, genetico ed epigenetic­o (proteoma, lipidoma, metaboloma, microbioma, trascritto­ma, epigenoma).

Per raggiunger­e questo traguardo dovremo sviluppare strumenti e piattaform­e per la raccolta e l’analisi di tutti i dati emersi dalla valutazion­e complessiv­a della singola persona, e realizzare studi specifici per validare le nuove strategie di prevenzion­e.

Ma mentre la scienza fa il suo corso, ognuno di noi può fare da subito qualcosa per sé.

Dobbiamo occuparci del nostro benessere globale e non solo della nostra salute in senso stretto, perché conosciamo ora molti più elementi che fanno bene al nostro cuore. Alcuni dipendono almeno in parte da noi, come il nostro equilibrio psicologic­o, altri no, come l’ambiente pulito.

Un motivo in più dunque per diventare cittadini impegnati nel «bene comune» e fare giusta pressione sulle autorità perché partecipin­o alla sfida della prevenzion­e di precisione.

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Azione Rispetto al passato conosciamo molti più elementi decisivi per il nostro benessere e diversi dipendono, almeno in parte, da noi

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