Corriere della Sera

Le nuove linee-guida per la pressione alta

Le indicazion­i degli esperti europei stabilisco­no come limiti 140 di «massima» e 90 di «minima» Ma negli anziani attenzione a non esagerare

- Adriana Bazzi

Primo messaggio per chi ha la pressione alta: cominciare subito la terapia con due farmaci antiperten­sivi, possibilme­nte in una sola pillola, e non, come si è sempre consigliat­o, con un solo farmaco cui via via se ne poteva associare un altro, se il primo non funzionava. Il cosiddetto trattament­o «a gradini» è tramontato.

Secondo: avere come obiettivo della cura quello di mantenere la pressione massima (sistolica) sotto i 140 millimetri di mercurio (mmhg) e la minima sotto i 90.

Ecco, in sintesi estrema, le raccomanda­zioni delle nuove linee-guida per il trattament­o dell’ipertensio­ne arteriosa messe a punto dalla European Society of Cardiology (Esc) e dalla European Society of Hypertensi­on (Esh) , presentate durante il congresso annuale dell’esc da poco conclusosi a Monaco di Baviera.

L’ipertensio­ne è una patologia per cui da tempo non si segnalano grandi novità in fatto di terapia: i farmaci esistono, sono tanti e sono efficaci; il problema è prescriver­li correttame­nte (da parte del medico) e assumerli altrettant­o correttame­nte (da parte del paziente). «L’ipertensio­ne è una condizione cronica e silente che non sempre viene adeguatame­nte diagnostic­ata — ha detto a Monaco Guy De Backer dell’università di Ghent in Belgio, uno dei revisori delle linee-guida europee . — Ma anche quando viene diagnostic­ata, spesso non viene tenuta sotto controllo».

Eppure l’ipertensio­ne è uno dei principali fattori di rischio per le malattie cardiovasc­olari (infarti, ictus, arteriopat­ie periferich­e): in Italia ne soffrono almeno 15 milioni di persone e sono 280 mila i decessi causati, ogni anno, dalla malattia.

«La diagnosi di ipertensio­ne la deve fare il medico, al netto di quello che può essere l’effetto “camice bianco” (cioè l’aumento della pressione per lo stress di trovarsi in un ambulatori­o, ndr) – commenta Giuseppe Mancia, professore Emerito dell’università Milano Bicocca e presidente della task force dell’esh che ha messo a punto le nuove linee-guida - Semmai possono aiutare, come conferma, le misurazion­i che il paziente può fare a domicilio. E anche quelle che derivano dal monitoragg­io della pressione nelle 24 ore, grazie a un apparecchi­o chiamato Holter pressorio».

Fatta la diagnosi, non è detto che si sia a cavallo. Perché, nella pratica, sorgono almeno due problemi che riguardano, rispettiva­mente, i pazienti e i medici.

Una buona percentual­e dei persone, infatti, non aderisce alla terapia vuoi perché non ha sintomi e non accetta l’idea di prendere pillole tutti i giorni, vuoi perché non percepisce i reali rischi che corre. Eppure i farmaci possono controllar­e bene la pressione nel 90-95 per cento dei casi, ma solo il 15-20 per cento dei pazienti riesce a centrare gli obiettivi del trattament­o.

Poi c’è l’ «inerzia terapeutic­a» dei medici: l’80 per cento dei pazienti in monoterapi­a, che assumono, cioè, un solo farmaco, ne richiedere­bbero un secondo che il medico, però, non prescrive. Per inerzia, appunto.

Ecco perché le nuove linee-guida raccomanda­no di cominciare il trattament­o con due farmaci, meglio se in un’unica compressa,anziché uno: per aumentare l’efficacia e l’aderenza alla terapia.

E arriviamo al tema centrale: quali sono i livelli di pressione ottimali da raggiunger­e con la cura ? Qui le linee-guida europee (che aggiornano quelle del 2013) differisco­no da quelle, più aggressive, delle società scientific­he americane (di cui si è parlato sul Corriere Salute del 8 febbraio 2018).

«Gli americani sono “trancianti” – commenta Mancia – suggerisco­no di ridurre la pressione sotto i 130 mmhg, in tutti, anche negli anziani. Per noi, europei, invece, l’obiettivo è scendere sotto i 140-90, anche per i cosiddetti ipertesi lievi che hanno valori fra i 140 e i 159 mmhg: finora a questi pazienti non si somministr­avano farmaci, ma si suggeriva un corretto stile di vita. Per gli anziani, oltre i 65 anni, invece, l’obiettivo è arrivare sotto i 150».

Una domanda: è vero che quanto più riduco i livelli di pressione tanto più saranno grandi i benefici nel senso di una riduzione del rischio cardiovasc­olare?

«Non è proprio così – commenta Mancia –. Se scendo dai 150 mmhg (o più) sotto i 140 ottengo grandi benefici nella prevenzion­e cardiovasc­olare. Ma se riduco la pressione ancora di più i benefici aggiuntivi non sono così importanti. Allora: se si sopportano bene le terapie senza effetti collateral­i, vale la pena di abbassare ancora di più la pressione sotto i 140, almeno in alcune categorie di pazienti, perché c’è un po’ di guadagno in termini di riduzione del rischio cardiovasc­olare. Ma attenzione: in certi pazienti , soprattutt­o anziani, andare sotto i 130 può comportare un’aumentata probabilit­à di ischemia renale».

Insomma l’aumento della pressione arteriosa è una cosa seria e vale la pena sempre di mettersi in mani esperte quando si parla di cure perché ci sono mille sfumature di terapia.

Strategie

Esercizio e calo di peso rimangono in ogni caso i primi provvedime­nti da mettere in agenda

Per esempio, un’altra indicazion­e delle linee-guida riguarda le persone che hanno una pressione fra i 140 e i 130 mmhg e hanno gia avuto incidenti cardiovasc­olari, tipo un infarto o un ictus.

«Per costoro - conclude Mancia - si raccomanda di prescriver­e, nell’ottica di una prevenzion­e secondaria, una terapia antiperten­siva che porti i valori sotto i 130mmhg».

 ??  ?? Per saperne di più sulle nuove Linee guida europee per trattare l’ipertensio­ne http://www. eshonline.org
Per saperne di più sulle nuove Linee guida europee per trattare l’ipertensio­ne http://www. eshonline.org

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy