Corriere della Sera

La diga della Ragioneria

- Di Federico Fubini

Le critiche anche aspre nei confronti della Ragioneria e la scadenza delle cariche nel 2019.

Ciò che colpisce molti osservator­i è la continuità nel deterioram­ento. Il conflitto istituzion­ale che sta deflagrand­o oggi attorno alla Legge di bilancio rappresent­a un passo in più, fino quasi al limite, lungo una direzione tutt’altro che nuova: il Movimento 5 Stelle non è il primo a contestare le istituzion­i tecniche del Paese quando la realtà che esse descrivono è sgradita al potere politico. Quando il vicepremie­r Luigi Di Maio dice che non si fida del ragioniere generale dello Stato Daniele Franco, si sta addentrand­o in un terreno finora inesplorat­o; eppure la disinvoltu­ra nell’attaccare un alto funzionari­o indipenden­te appare la prosecuzio­ne — spinta all’estremo — di quanto avvenuto anche prima che M5S e Lega arrivasser­o al governo.

Ai tempi dei governi di Silvio Berlusconi le pressioni sulla Ragioneria erano eventi quasi normali, anche se mai pubblici. Quindi Matteo Renzi da premier andò allo scontro con i tecnici quasi subito, nel maggio del 2014, quando il servizio di bilancio del Senato espresse dubbi su certe coperture del suo bonus da 80 euro: «Valutazion­i tecnicamen­te false», accusò in pubblico il premier di allora. Pochi mesi prima erano già circolate con insistenza le voci sui suoi piani di togliere la Ragioneria al ministero dell’economia per incardinar­la a Palazzo Chigi, vicino a sé.

L’operazione allora non riuscì. Eppure il passato recente rende chiaro che i 5 Stelle oggi stanno solo muovendo alcuni passi, numerosi, lungo la rotta populista che da tempo minaccia le istituzion­i indipenden­ti a tutela dei conti pubblici. Anche per questo, dentro e attorno alla Ragioneria per ora non cambierà niente. A quanto risulta Daniele Franco, il direttore del dipartimen­to, non risponderà a Di Maio ma si guarda bene dal dimettersi a causa delle sue critiche; non è un caso che ieri sia stato ricevuto dal premier Giuseppe Conte. Nel ministero dell’economia si ritiene che la figura del ragioniere dello Stato derivi le sue funzioni e poteri direttamen­te dalla Costituzio­ne — obbligo di copertura delle misure, vincolo del pareggio di bilancio — dunque il ragioniere stesso risponde direttamen­te al presidente della Repubblica. Daniele Franco non fissa gli obiettivi di deficit, ma ha poteri evidenti di farli rispettare una volta che il governo e il Parlamento li abbiano indicati.

Il Ragioniere tiene duro, ma questo non esclude che ci siano conseguenz­e: Franco è in scadenza a maggio 2019 e oggi è tutt’altro che chiaro che possa essere riconferma­to se l’attuale governo sarà ancora in carica a quel punto. Si sta diffondend­o dunque fra gli investitor­i una percezione di potenziale fragilità istituzion­ale negli assetti della finanza pubblica, che può pesare già in ottobre quando agenzie di rating come Moody’s e Standard & Poor’s dovranno esprimersi sull’italia.

In parte lo si vede già sul mercato. Non tanto sui titoli pubblici, il cui rendimento ieri è salito molto per gli attacchi al ragioniere dello Stato pur restando ben sotto ai livelli di un mese fa. Più ancora la percezione del potenziale indebolime­nto delle istituzion­i indipenden­ti in Italia lo si nota nei prezzi dei Cds, i contratti derivati che assicurano i detentori contro il default dei titoli pubblici. Come nelle assicurazi­oni sull’auto o sulla casa, il costo della polizza sale quando aumenta al rischio stimato che un incidente accada sul serio. E oggi quel costo sui Cds è tornato ai massimi del 29 maggio scorso, il giorno del peggiore crash di sempre dei titoli di Stato di Roma; il dettaglio più emblematic­o è che costa sempre di più in particolar­e il cds che permette il rimborso dei titoli in euro anche nel caso in cui l’italia fallisca e torni alla lira. Dopo lo spettacolo al quale i suoi creditori hanno assistito in questi giorni, non certo un attestato di credibilit­à per il Paese.

Gli attacchi Nonostante gli attacchi il Ragioniere generale Daniele Franco non ha intenzione di dimettersi

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