Corriere della Sera

La politica delle rincorse dove tutto è un’emergenza

- di Fiorenza Sarzanini

Reazione immediata con una frase ad effetto, seguita dall’annuncio di un decreto per fronteggia­re il problema nel più breve tempo possibile. È questo lo schema adottato dal governo 5 Stelle-lega. Di fronte a ogni evento — sia che abbia normale rilievo, sia che si tratti di una reale tragedia — il copione non cambia. Tutto viene vissuto, o meglio narrato, come un’emergenza da risolvere. Basta scorrere quanto accaduto in quasi quattro mesi, dal momento dell’insediamen­to a Palazzo Chigi fino alle ultime ore. In una rincorsa tra chi dimostra di avere maggiore peso politico dell’altro, capacità di intervento e soprattutt­o un numero più alto di seguaci sui social.

S i torna dunque a giugno, quando l’attenzione è concentrat­a sugli stranieri. Ogni volta che una nave delle Ong carica di migranti chiede l’attracco in un porto italiano, oppure un cittadino extracomun­itario commette un reato, il vicepremie­r e titolare del Viminale Matteo Salvini ricorda via Facebook o Twitter che sta «lavorando a un decreto sicurezza, perché per questi la pacchia è finita».

Si arriva a metà agosto. Appena poche ore dopo il crollo del ponte Morandi a Genova, mentre ancora il bilancio delle vittime è provvisori­o e si scava tra le macerie alla ricerca dei superstiti, lo stesso Salvini e l’altro vicepremie­r Luigi Di Maio si muovono sui social e nei programmi televisivi di maggior ascolto. Fanno sapere che «la concession­e ad Autostrade sarà revocata con un decreto e dopo dieci giorni nomineremo un commissari­o per la ricostruzi­one». Danno la sensazione che tutto

Il copione

Lo schema seguito dal governo 5 Stelle-lega si ripete sempre uguale di fronte a ogni evento

è già stato deciso e in appena pochi giorni sarà risolto. La realtà si dimostra ben diversa.

Il provvedime­nto sulla sicurezza è stato approvato ieri a Palazzo Chigi, dopo numerosi «passaggi» tra i ministeri dell’interno e della Giustizia e «suggerimen­ti» arrivati dal Quirinale. Fino a ieri sera non esisteva un testo definitivo, ma una bozza da limare e rivedere ancora. Quando arriverà al Colle dovrà essere esaminato dall’ufficio legislativ­o per la controfirm­a del presidente della Repubblica. La strada per la conversion­e in legge da parte del Parlamento appare comunque impervia, vista la contrariet­à già espressa da una parte del Movimento 5 Stelle su alcune norme che ritengono incostituz­ionali.

Ancor più complicato l’iter del decreto per Genova. Il testo, più volte anticipato, non ha ancora visto la luce. Proprio ieri il premier Giuseppe Conte — che nei giorni scorsi aveva respinto sdegnato le critiche per i continui rinvii — ha annunciato che sarà inviato questa mattina al Quirinale. È soltanto il primo passo, molti altri ne mancano per arrivare alla fine del percorso.

Non c’è l’accordo politico sul nome del commissari­o, mentre sono emerse tutte le difficoltà — giuridiche ed economiche — per togliere la concession­e ad Autostrade. Anche perché non c’è alcuna certezza sulla causa del crollo del viadotto e invece, per contestare le «gravi inadempien­ze» che consentono l’avvio della procedura, bisogna avere a disposizio­ne dati concreti sulla responsabi­lità della società di gestione dell’appalto.

Potrebbero essere sufficient­i questi due esempi per convincere gli esponenti dell’esecutivo che in queste settimane hanno partecipat­o alla politica degli annunci, a muoversi con maggiore cautela. Perché è vero che un governo interventi­sta rassicura i cittadini, però è altrettant­o vero che se alle parole non si fanno seguire i fatti si dimostra di non essere all’altezza del compito. E intanto si possono creare situazioni poi difficili da risolvere.

La scorsa settimana una donna detenuta nel carcere di Rebibbia ha buttato i suoi figli piccoli dalle scale e li ha

Le conseguenz­e Agendo in questo modo si finisce per lasciare poi il Paese appeso a decisioni irrealizza­bili

uccisi. Appena qualche ora dopo, senza attendere le verifiche su eventuali responsabi­lità, il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha annunciato la sospension­e dal servizio della direttrice dell’istituto. Un provvedime­nto firmato in via d’urgenza, nonostante gli esperti siano concordi nel ritenere quel reparto penitenzia­rio «un’eccellenza».

Non c’era alcuna emergenza eppure anche in questo caso si è deciso di agire sull’onda dell’emozione. Si è scelto evidenteme­nte di procedere per dare la sensazione di avere la soluzione pronta. Invece il problema è proprio questo: prima di intervenir­e sarebbe opportuno analizzare quanto successo, esaminare le possibili risposte, riflettere sulle conseguenz­e. Per evitare di annunciare ciò che non si può fare. Lasciando il Paese appeso a decisioni irrealizza­bili.

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