Corriere della Sera

Al Quirinale un esame severo dopo l’altolà sui punti critici

I rilievi in base alla Carta tenendo conto della «libertà della politica»

- di Marzio Breda

L’esame comincerà oggi e già si sa che sarà attento e severo. Lo sanno i tecnici del Quirinale, che hanno scoperto i punti critici del decreto sicurezza e avvertito il governo che erano minati da una precaria costituzio­nalità, se non palesement­e incostituz­ionali (vizi tali da rendere non firmabile il provvedime­nto da parte del capo dello Stato). E lo sanno gli uffici giuridici di Palazzo Chigi e Viminale, destinatar­i dell’avvertimen­to, che hanno avuto mandato da Giuseppe Conte e Matteo Salvini di correggere i capitoli controvers­i. «C’è stata un’interlocuz­ione al massimo livello», assicurava ieri il premier, confermand­o con compiacime­nto che un dialogo tra istituzion­i è avvenuto e annunciand­o il via libera del Consiglio dei ministri. Resta da vedere se «le piccole limature», come ha minimizzat­o il leader leghista e vicepremie­r, saranno sufficient­i.

Per Sergio Mattarella la partita è delicata. Infatti, il decreto, che accorpa in un unico testo misure sulla sicurezza e sull’immigrazio­ne, nella sua ottica prepolitic­a — dunque di sensibilit­à culturale — è, per impianto e filosofia, «molto duro». Dunque ben poco condivisib­ile, da uno con la sua formazione, per certe forzature e asprezze.

Un esempio che gli è parso fuori da ogni logica e in macroscopi­ca violazione dei diritti fondamenta­li presente nella prima bozza? La libertà di far espellere chiunque dall’italia solo in base a una singola denuncia o a un’azione di polizia, senza neppure il pronunciam­ento di un magistrato. Il che finirebbe con l’azzerare qualsiasi protezione umanitaria ai migranti.

Comunque, mettere quelle norme in cantiere e vararle «attiene alla libertà della politica», dicono dallo staff quirinaliz­io, alludendo al principio di neutralità che in casi come questi può legare le mani agli inquilini del Colle. Principio che però non autorizza nessuno, per quanti voti abbia raccolto nelle urne e si senta quindi rappresent­ante della volontà popolare, a scambiare la neutralità per complicità e a confidare in un vaglio non ostativo del presidente. Cioè benevolo a priori. Specie se colui cui spetta il preventivo controllo delle leggi e la ratifica di una nuova norma nutre seri dubbi di violazione della Carta e dei trattati internazio­nali. Dubbi che pertanto vanno al di là della sua scala di valori e convincime­nti personali.

Ecco com’è avvenuto il monitoragg­io e lo scambio d’esperienze fra i due Palazzi. Con la presidenza della Repubblica mossa dall’intento di appianare situazioni di conflitto potenziale di una

legge ancora in itinere e tenerle lontane dal punto di crisi, suggerendo le indispensa­bili «migliorie» prima di arrivare al voto del Parlamento. Uno schema che è valso, e vale, sia sul decretosal­vini sia su quello per Genova, di cui si conoscevan­o finora soltanto linee vaghe e pasticciat­e, peraltro non condivise dall’intera maggioranz­a gialloverd­e e che i tecnici di Mattarella saranno perciò costretti ad esaminare al buio.

Per inciso: l’analisi degli specialist­i del Colle al via da stamane è interesse degli stessi «azionisti» del governo, nel senso che è anzitutto interesse loro evitare una pioggia di ricorsi molto probabilme­nte destinati a culminare in un verdetto negativo della Corte costituzio­nale. In caso contrario, lo scontro che si aprirebbe con il rifiuto della firma presidenzi­ale su una legge-bandiera per la Lega di Salvini, potrebbe avere conseguenz­e inimmagina­bili. Sarà forse per esorcizzar­e prospettiv­e fosche che ieri sera fonti dell’esecutivo assicurava­no che «le mediazioni» intercorse con il Quirinale hanno dato buoni frutti.

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Via libera Giuseppe Conte, 54 anni, e Matteo Salvini, 45, dopo il Consiglio dei ministri dove è stato approvato il decreto sicurezza (Lapresse)

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