Corriere della Sera

Gara, coperture e tensioni: le incognite sul decreto Genova

Il premier: arriverà oggi. La Ue: ritardi dovuti a noi? No, piani non chiari

- Di Monica Guerzoni

ROMA «Dai miei uffici è tutta una fumata bianca» ironizzava ieri il presidente Giuseppe Conte, per dire che il suo governo rispetta i tempi e sforna provvedime­nti. In realtà il decreto «Disposizio­ni urgenti per la città di Genova», atteso con ansia dai cittadini del capoluogo ligure devastato dal crollo del ponte Morandi, è diventato un caso. A dispetto delle rassicuraz­ioni del premier e dei suoi vice, il Quirinale lo ha atteso invano per tutto il fine settimana e ieri il presidente Mattarella ha ascoltato le richieste d’aiuto dei genovesi con le opposizion­i che, a distanza, tuonavano contro il «decreto fantasma».

Dov’è l’intoppo? Perché il governo, vista l’urgenza, a ieri non aveva mandato ancora il fascicolo al Colle per la firma? Cosa si aspetta per la nomina del commissari­o? «Dovete chiederlo al governo cosa blocca il decreto», sbuffa il presidente della Liguria, Giovanni Toti. «Una cosa inquietant­e — commentava all’ora di pranzo di ieri il governator­e —. Dopo 40 giorni nemmeno Mattarella ha traccia del decreto. Non è consentito a nessuno giocare con il tempo e con la pelle dei liguri». Sospetti e accuse si sommano alle tensioni tra leghisti e pentastell­ati. Il sottosegre­tario Edoardo Rixi ha addossato i ritardi all’europa e un portavoce della Commission­e Ue smentisce responsabi­lità: «L’impression­e è che sia Roma a non avere le idee chiare». Il solo fatto che Matteo Salvini debba pubblicame­nte dichiarare «io mi fido di Conte», conferma le divergenze tra alleati. Il premier garantisce che il decreto si materializ­zerà oggi stesso e assicura di non essere venuto meno alla promessa fatta a Genova: «Non è che sul palco vesto i panni del cantore e dell’araldo e poi li smetto». Lo accusano di aver sforato la data limite di dieci giorni e lui ribatte: «Intendevo dieci giorni dall’entrata in vigore del decreto». Sì, ma che fine ha fatto il testo? «È in attesa degli ultimi riscontri del Mef».

Palazzo Chigi garantisce che il decreto è stato inviato al Tesoro venerdì notte e da allora la Ragioneria è alla ricerca affannosa delle coperture. «Datevi una mossa», sprona Forza Italia. E il Pd attacca: «È follia gestire l’emergenza così». A Palazzo Chigi non si escludono ritocchi dopo la pubblicazi­one in Gazzetta Ufficiale. La Lega teme che il Mef voglia tagliare parte dei fondi promessi alle aziende e limitare gli aiuti per il porto. Tra le limature delle ultime ore anche la restrizion­e della zona franca. Ma il vero scontro è su chi ricostruir­à il ponte. Stando alla terza e (forse) ultima bozza, diffusa in serata da Radiocor Plus, Autostrade è del tutto fuori dalla ricostruzi­one del ponte crollato. L’ente appaltante sarà il commissari­o straordina­rio, che dovrà applicare l’articolo 63 del Codice appalti (procedura negoziata senza bando), scegliendo i contraenti previa valutazion­e competitiv­a di almeno cinque imprese. Per dirla con Di Maio, «Autostrade non metterà nemmeno una pietra, ma metterà i soldi». Toti però avverte che avviare una procedura europea senza una gara pubblica, con affidament­o diretto, espone lo Stato a enormi rischi: «Potremmo avere molti ricorsi, in primis da Autostrade».

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