Corriere della Sera

I giorni vuoti dentro al Parlamento «Ormai qui non si decide più nulla»

Ferie lunghe e pochi disegni di legge. E le sedute in Aula vanno avanti con le mozioni

- di Alessandro Trocino

ROMA Alle 10.30 di lunedì mattina, tre operai trasportan­o una lunga scala fuori dall’aula deserta. Un gruppetto di visitatori sosta sul marmo siciliano e viene edotto della lite tra Innocenzo X e il Principe Niccolò Ludovisi che rallentò la costruzion­e di Montecitor­io. Alla buvette, tre commessi in attesa. Qualcuno nell’aula dei giornali si assopisce su una poltrona. Nulla di anormale, è il deserto abituale dei lunedì di Montecitor­io. Se non fosse che ormai il Parlamento lavora al ralenti tutta la settimana. Dopo le ferie estive quasi record (35 giorni), le statistich­e di legislatur­a (paralizzat­a per tre mesi dalla formazione del governo) registrano un crollo dei provvedime­nti, delle sedute, dei disegni di legge. Questa settimana niente Aula, solo giovedì per tre mozioni delle opposizion­i, che protestano. Nell’aria aleggia il ricordo dell’insofferen­za contro l’intermedia­zione parlamenta­re di George Sorel, che portò alla deriva dell’«aula sorda e grigia». La profezia di Davide Casaleggio: «In futuro il Parlamento sarà inutile». Le parole di Giancarlo Giorgetti: «Il Parlamento non conta più nulla». Le suggestion­i di Beppe Grillo sulla demarchia: «Sorteggiam­o i parlamenta­ri».

Riccardo Fraccaro, ministro dei Rapporti con il Parlamento, spiega a Lanfranco Palazzolo, il cronista di Radio Radicale che presidia il territorio ben più dei deputati: «Non è vero che lavoriamo poco. Stanno arrivando la riduzione del numero dei parlamenta­ri, che farà risparmiar­e 100 milioni all’anno, e la riforma del referendum propositiv­o». Più democrazia diretta, meno parlamenta­ri. Il leghista Marco Maggioni nega: «Abbiamo fatto tanto, con Aula vuota i decreti Bari, Dignità e Milleproro­ghe. E lavoriamo tanto in Commission­e». Qui c’è una prima chiave. Se l’aula è vuota, non vuole dire che il Parlamento non funzioni. «È un immaginari­o sbagliato», spiega Federico Fornaro, capogruppo Leu. Conferma Pino Pisicchio, veterano e studioso: «In Aula spesso si va per mozioni e ordini del giorno inutili, che non vincolano il governo e consentono ai peones di scattarsi selfie. Negli anni 80, se ne approvavan­o 10-12 al mese, ora siamo a 250 al mese». C’è un altro dato: «In passato le leggi di iniziativa parlamenta­re erano pari a quelle governativ­e. Ora queste ultime arrivano fino al 90 per cento». Perché? «Prima, con le preferenze, i parlamenta­ri rispondeva­no al popolo. Ora al capo partito, che decide tutto». Il sogno che raccontò una volta Silvio Berlusconi: un Parlamento «cinese», con il capogruppo che vota per tutti.

Roberto Fico promette la riduzione dei decreti d’urgenza e una riforma dei regolament­i: «L’obiettivo è la qualità del lavoro, per questo credo che le commission­i debbano avere molto più tempo per esaminare i provvedime­nti». Fornaro chiede più efficienza e uno statuto delle opposizion­i: «Serve un Parlamento che funzioni, altrimenti si alimenta il sospetto che si voglia farlo diventare inutile».

Su un divanetto c’è un signore di 80 anni, che Giorgio Bocca descriveva così: «L’onestà e il coraggio gli splendono negli occhi, nel viso. A guardarlo mi si stringe il cuore». È Giuseppe Lavorato, già sindaco antimafia e parlamenta­re calabrese comunista, tra il 1987 e il ’92: «Non sono un nostalgico. Nel Pci avevamo il centralism­o democratic­o, è vero, ma si discuteva sempre e l’opinione di tutti contava. Ricordo la rivolta dei trenta, guidati da Ingrao, contro la guerra in Iraq. Adesso i deputati contano poco, il declino del Parlamento è profondo».

Fico: puntiamo alla qualità del lavoro. Alle commission­i più tempo per esaminare i testi

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La Camera dei deputati durante la seduta del 21 settembre dove si sono affrontate interpella­nze urgenti sul caso del ponte di Genova e sui vaccini (Imagoecono­mica)
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