Sequestrati 150 milioni all’editore della «Sicilia»
Catania, i sospetti dell’antimafia su Ciancio . Lui: soldi frutto del mio lavoro. I giornali a rischio
CATANIA È come se l’etna avesse buttato giù con una spallata infuocata un pezzo di Catania, il salotto buono di un giornale per la prima volta sequestrato in Italia per sospetta accondiscendenza dell’editore alla mafia. Ecco l’infamante accusa che tracima sul quotidiano La Sicilia, su quote della Gazzetta del Mezzogiorno di Bari, sulle aziende e sulle due televisioni di Mario Ciancio, l’imprenditore più facoltoso e potente di Sicilia.
Elegante, collezionista di quadri e mobili di gran valore, ma stando all’accusa anche di decine di milioni di euro nascosti in Svizzera e Liechtenstein, modi garbati, per anni ai vertici della Federazione editori e dell’ansa, Ciancio, 86 anni, quattro figli, è sempre stato ossequiato da uomini politici d’ogni provenienza politica, da governanti di tutto il mondo accolti nelle sue tenute, da notabili e reali. E, aggiunse per primo Claudio Fava, da mafiosi. Perché se ieri una ormai vecchia inchiesta sull’impero di Ciancio è sfociata nel sequestro e nella richiesta di confisca di un patrimonio da 150 milioni è anche perché le prime crepe sull’inossidabile holding composta da carta stampata, immobili e arance cominciarono a mostrarsi dopo l’omicidio di Giuseppe Fava, lo scomodo giornalista padre dell’attuale presidente dell’antimafia regionale.
Quando i ragazzi allora coinvolti nel battagliero periodico I Siciliani si scatenarono contro i «quattro dell’apocalisse», prendendo di mira alcuni cavalieri del lavoro e lo stesso Ciancio, la mafia guidata da Nitto Santapaola intervenne a modo suo. Uccidendo il direttore. Quasi una vendetta a difesa di una nomenklatura che la mafia cercava anche così di piegare e impaurire.
Su questo presunto e ambiguo rapporto certezze giudiziarie ce ne sono poche. E infatti lo stesso Ciancio si è sempre difeso respingendo i presunti legami con il cognato di Santapaola, il boss Pippo Ercolano, come sostenne la Procura della Repubblica di Catania nel novembre 2010 iscrivendolo nel registro degli indagati con l’accusa di concorso esterno alla mafia. Otto Le accuse
● Nel 2010 Mario Ciancio Sanfilippo viene indagato per concorso esterno in associazione di tipo mafioso
● Nel 2017 è stato rinviato a giudizio dopo un primo proscioglimento anni dopo eccolo costretto a ripetere di «non avere mai avuto alcun tipo di rapporto con ambienti mafiosi», sostenendo che «il mio patrimonio è frutto soltanto del lavoro di chi mi ha preceduto e di chi con me ha collaborato». Ma ci vorrà tempo per dimostrarlo, mentre gli amministratori giudiziari cercano un direttore e Fava propone i nomi «di giornalisti siciliani che in questi anni hanno raccontato le verità su collusioni e protezioni del potere mafioso».