Il rigetto dopo il trapianto di viso «Ora serve un nuovo donatore»
Roma, il dramma della prima paziente italiana. Soluzione-ponte con tessuti propri
ROMA Dopo l’entusiasmo iniziale, c’è un’atmosfera cupa al Sant’andrea e nella comunità medica per il mancato successo del primo trapianto di viso in Italia. La donna 49enne operata sabato, ieri ha accusato complicanze molto gravi. Una parte dei tessuti ricevuti in sostituzione dei suoi, deformati da una malattia degenerativa di origine genetica (neurofibromatosi di tipo 1), non hanno trovato il microcircolo sanguigno.
In parole semplici, non hanno aderito al nuovo organismo per problemi che solo gli esami istologici chiariranno. Gira una parola che nessuno avrebbe voluto pronunciare, «fallimento». Annullata la conferenza stampa in programma ieri con partecipazione di ministro, presidente di Regione e vertici dell’ateneo.
La paziente dovrà essere operata di nuovo per ricevere i suoi stessi lembi muscolari come soluzione temporanea fino ad un secondo, eventuale trapianto. C’era molto ottimismo sull’esito dell’operazione eseguita dall’équipe del chirurgo plastico Fabio Santanelli di Pompeo. Qualcosa non è andato come si sperava. Sono eventi da mettere in conto in queste situazioni sperimentali. Nella casistica limitata dei trapianti di viso, una cinquantina nel mondo, si contano alcuni precedenti di reimpianto, l’ultimo in Francia su un uomo ribattezzato «dai tre volti».
Il bollettino diffuso dalla direzione dell’ospedale è rassicurante solo in parte: «Le condizioni generali sono buone e non ci sono preoccupazioni per la vita della paziente. In considerazione del permanere della sofferenza del microcircolo si è deciso di procedere alla ricostruzione temporanea con tessuti autologhi (prelevati dai suoi stessi muscoli) in attesa di un eventuale ricostruzione con tessuti facciali di un donatore».
Alla base del mancato ripristino del microcircolo, il sistema di piccoli vasi necessari per portare nutrimento alla parte sostituita, ci potrebbe essere un rigetto, sebbene si tratti di una complicanza che subentra in un secondo tempo. È come se il sistema immunitario della persona operata rifiutasse di accettare organi estranei. Bohdan Pomahac, autore del primo trapianto di viso negli Stati Uniti, afferma: «Nel 90% dei casi il corpo cerca di rifiutare l’ospite nel giro di un anno». Erano stati fatti esami accuratissimi, niente faceva presagire il rigetto tanto più così precoce.
Adesso la situazione diventa drammatica. La donna aveva di fronte pochi mesi di vita a causa delle deformazioni facciali che crescendo le avevano reso impossibili azioni indispensabili, come mangiare e respirare. Voleva essere tirata fuori dalla sua gabbia ed è per questo che ha detto sì a un tentativo estremo. Dopo 3 anni di attesa di un donatore dovrà aspettarne un secondo, ammesso che la soluzioneponte glielo consenta.
Il pensiero corre alla ragazza 21enne che le ha donato i tessuti del suo giovane viso, forse inutilmente. Vittima di un incidente stradale, i genitori disperati che acconsentono a regalare assieme agli altri organi anche la parte più preziosa di una figlia che non c’è più e si vorrebbe ricordare integra.
Altre famiglie di potenziali donatori cui era stata rivolta la stessa proposta avevano rifiutato. In compenso, il fegato della giovane ha salvato un uomo di Bari, colpito da epatite fulminante e i suoi reni sono andati a due persone di Roma e Napoli. Tutto quello che poteva dare lei lo ha dato.