Ispirazione danza Dior «svuota» gli abiti Il lusso moderno è essere libere
Lunghezze midi e drappeggi per Maria Grazia Chiuri
PARIGI Danzano passionali vestiti e vestite con le loro tute tatoo aderenti che scolpiscono i corpi. Danzano seguendo la musica sensuale e ossessiva. Danzano andando incontro ai corpi delle modelle e sfilando con loro, in simbiosi. Tenebre e luce. Foschia e petali di rosa. Succede alla periferia di Parigi, nell’immenso spazio dell’ippodromo di Longchamp. Uno spettacolo davvero suggestivo messo in scena da Maria Grazia Chiuri per Dior, cercando e accettando la collaborazione con la danzatrice-coreografa israeliana Sharon Eyal. Il messaggio è di una concretezza e semplicità disarmante: libertà d’espressione, atto di puro istinto, primordiale, nel corpo ma anche negli abiti che la stilista volutamente crea perché non costringano mai: i bustier sono diventati canottiere sulle quali drappeggiare; la leggerezza e trasparenza del tulle (lavorato a pizzo o stampato fiori o ricamato o semplice) è protetta, una lingerie molto moderna perché atletica; ogni capo è svuotato all’interno con il risultato che ne resta l’essenzialità salvo poi, al tatto, scoprirne l’alchimia delle lavorazioni, una diversa dall’altra. «Non sono forse i vestiti a raccontarci delle nostre personalità?», sintetizza la stilista che ha lasciato che la coreografia dialogasse con la moda senza porre limiti o distrazione al punto che spesso lo spettacolo ha rapito l’occhio e l’emozione salvo poi ritornare sui protagonisti: gli abiti. Consapevole Maria Grazia Chiuri del rischio: «Ho riflettuto a lungo su cosa deve comunicare la moda oggi, in un momento in cui c’è tanta e tale informazione. E sono arrivata alla conclusione che è necessario far vivere un’esperienza per raccontare il nostro lavoro».
II legame di Dior con la danza è quasi una tradizione, a cominciar da Roland Petit e l’opera de Paris: «Anche se non ho voluto esplorare la moderna che è la vera libertà. Così come il folk: io, per metà pugliese, sono cresciuta con la tarantola». Isadora Duncan, Marta Graham, Pina Bausch, Ruth St. Denis. Potrebbero essere le clienti ideali della collezione che è praticamente fatta tutta di abiti midi, scivolati, plissettati, drappeggiati, per lo più a tinte carne e chiare e di tulle o jersey (i tessuti più amati nella danza). E poi body, canottiere, bralette, tute, culotte tinta carne o neri: un aggiornamento moderno dell’intimo più elegante che la stilista italiana ha introdotto con grandi risultati.
Per accessori una borsa tasca-pane di tela con ricamati i nomi di ogni modella e calzature effetto nudo con il tacco il plexiglass e per tomaia nastri alla maniera delle ballerine. Applausi meritati. E con la danza di Dior si apre così ufficialmente la settimana della moda francese, una gran bella ouverture non c’è che dire. Unico rammarico che ieri fosse ancora in corso la fashion week milanese, con in calendario solo tre giovani emergenti perché nessun big ha voluto rischiare di sovrapporsi all’inizio di Parigi. Gioco forza, certo. Però così facendo gli italiani hanno di fatto rinunciato a difendere un giorno in più riducendo a cinque (contro i nove di Parigi e gli otto di New York) la kermesse milanese. Un gran peccato.
La stilista
«Mi sono chiesta: cosa deve comunicare la moda oggi? Deve far vivere un’esperienza»