Il teatro di Gucci, dialogo possibile «Non c’è limite al potere dei vestiti»
Il caos creativo di Alessandro Michele e della sua tribù
Ma chi l’ha detto che Amleto non possa recitare con Totò o Josephine Baker cantare con Lady Gaga? Si può tutto ia teatro, affascinante contenitore senza spazio e senza tempo. Anche mettere in scena una pièce: «Il mio mondo estetico — il potente dialogo del vestiario» per la regia e la scenografia e la coreografia di Gucci, alias Alessandro Michele. Protagonisti tutti quei personaggi di fantasia e realtà che abbiano cose da dire e voglia di dialogare fra di loro per ricostruire la bellezza. Al «Le Palace», mitico teatro alternativo parigino dove hanno cantato Maurice Chevalier e Grace Jones, hanno messo in scena operette e allestito bar nudisti, discoteca e club, lo stilista italiano regala a settecento invitati il suo caos creativo e semina spunti e allegorie donando a Parigi un gran saggio di fantastica e fantasiosa creatività.
Il linguaggio degli abiti, per una volta, riesce a correre quasi più veloce di quello delle parole. «Non c’è limite — sostiene lo stilista — al potere dei vestiti». Quanto dice per esempio l’incontro fra le paillettes e le sneaker sul mondo d’oggi? Parecchio. Michele non è il primo, è vero, a non fermarsi davanti alle regole, ma è sicuramente colui che ha una capacità di connettere cose e fantasie unica. Arrivando a una personalissima visione estetica che ha la sua Gucci tribù. Così quando gli ospiti arrivano nella sala e lo show ha inizio e partono le immagini della performance surreale di Lady Macbeth di Leo de Bernardinis e di Perla Peragallo, attori underground della scena delle cantine romane, tutti e nessuno si meraviglia.
Tempo di calarsi ed ecco che dal foyer escono le modelle, facce di ogni, fra abiti di perline e sciarpa di marabù e cappello a larghe tese fra una Josephine Baker e una Janis Joplin, una Mia Farrow stretta nel capottino Bon ton, una Courtney Love con i suoi abiti sottoveste e poi Jarry Hall in tubini drappeggiati e Loulou De La Falaise in animalier.
È senza regole il vocabolario di Michele con i tailleur pantaloni scampati, le spalle importanti in lurex, le sovrapposizioni azzardate come un piccolo gilet sul cappotto, le tute e le paillettes, sottovesti di pitone, frange di perline colorate, zaini di velluto, mocassini dalla punta squadrata, zeppa da geisha transgender. I modelli salgono sul palco a comporre un quadro: «Lo stato umano di Gucci».
Buio in sala e poi la voce di Jane Birkin che canta, vestita da uomo, smoking e mocassini, toccante attacca «A baby alone in Babylon». Applaudono le celeb ospiti: Amanda Lear, Jared Leto, Faye Dunaway. E poi il terzo atto: le nuove sneaker consumate e addobbate di cristalli e fiocchi e pullover a righe e mutande di cashmere, gonne di maglia con le ruche, blazer legati e altri di lurex. Il giubbotto di jeans, senza maniche, ha l’effige di Dolly Parton, gigantesca sulla schiena e c’è la borsetta che è la testa di Micky Mouse, il completo di pelle oro con gli alamari neri. Cento uscite. Il vero caos creativo di oggi. Il sipario si chiude. E sono urla e applausi. Michele esce e bacia Birkin: un dialogo meraviglioso.