E IL SOLDATO ITALIANO DIEDE IL SUO PANE AL BAMBINO GRECO
Caro Aldo, ora lei parla di Guareschi, uomo di destra; ma se Guareschi fosse vivo,siamo sicuri che sarebbe ancora di destra? Gli storici dello scorso secolo ci dissero quello che conveniva dire e solo ora salta fuori la verità sulla bugia degli «italiani brava gente». Ci avevano perfino raccontato che dei soldati, prima di uscire in libera uscita, si mettevano in tasca una pagnotta per darla ai bambini greci affamati. Ora, dopo 73 anni si fa tutto un parlare. Ma a che serve?
Caro Sandro,
Lascerei stare Guareschi e le sue scelte. Mi pare interessante invece la sua riflessione su come noi italiani tendiamo ad autoassolverci dalle nostre responsabilità, in particolare a proposito del fascismo e della seconda guerra mondiale. Abbiamo inventato una forma di totalitarismo esportata con le ovvie varianti in mezzo mondo, chiuso i libici in campi di concentramento, gasato gli abissini, massacrato i monaci di Debra Libanos — una delle pagine più nere della storia nazionale, oggi del tutto dimenticata —, pugnalato alle spalle la Francia, aggredito la Grecia, occupato con durezza la Jugoslavia, partecipato alla persecuzione degli ebrei. È vero però che in tutte queste circostanze emersero segnali in controtendenza. Furono italiani purtroppo a portare via 254 ebrei dal ghetto di Venezia, compresi i vecchi paralitici dell’ospizio e i bambini dell’asilo (soltanto 8 tornarono); ma erano italiani i soldati della Quarta Armata che protessero gli ebrei francesi. Lei, caro Sandro, cita i fanti che si toglievano il pane di bocca per darlo ai bambini greci, come se fosse una leggenda. Le assicuro che non lo è. Andai ad Atene la prima volta da ragazzo, nel 1982, con i miei genitori e mio fratello che aveva 7 anni. Il tassista ci raccontò che, quand’era bambino, durante la guerra un soldato italiano aveva preso l’abitudine di dividere con lui la propria razione; e volle a ogni costo che mio fratello accettasse metà del panino che rappresentava il pasto della sua giornata di lavoro. In quel momento capii poco di quel gesto, ma se ci ripenso mi commuovo alle lacrime, non solo per il tassista ma per quel milite ignoto di cui come italiani possiamo essere orgogliosi.