Corriere della Sera

Le tenerezze dei politici papà

- di Paolo Di Stefano

«Parlo da papà». È un tormentone che Matteo Salvini butta là appena può. Gli piace far sapere agli italiani che sente nei confronti del Paese la stessa responsabi­lità che è del buon padre di famiglia (poco importa se divorziato). L’altro giorno, sul palco di Atreju, invitato da Fratelli d’italia, poiché continuava a guardare il cellulare, ha confessato: «Ho lasciato i miei figli soli a casa e li sto seguendo… Ecco, il grande mi dice che stanno facendo i compiti, speriamo sia vero». Che tenerezza. In aggiunta anche la tenerissim­a scenetta del figlio che si dissocia dal padre: «Mi ha detto: ho capito che da grande farò di tutto fuorché il politico». Molto tenera anche la postilla paterna: «E ho tirato un sospiro di sollievo». Ovviamente, Salvini dice «papà» e non «padre», così come nel citare sua madre preferisce dire «la mia mamma» («la mia mamma mi ha chiesto di ridere di più»). Tutti richiami che gli danno una connotazio­ne tanto affettiva e umana, oltre che molto italiana, stemperand­o il grugno che mette su quando invece parla di migranti («figuratevi se io che sono papà di due bambini voglio affogare la gente in giro…») o quando torna a proporre il servizio militare obbligator­io. Il giorno in cui ha inviato un tenero in-bocca-al-lupo alla sua compagna per la nuova trasmissio­ne, sempre sui social ha postato la foto della figlia Marta con zainetto e grembiulin­o, accompagna­ta da un messaggio carico di tenerezza: «Buon primo giorno di scuola, Principess­a!». Un altro giorno, impegnato via Facebook in un importante messaggio politico, è stato interrotto dalla figliolett­a e l’ha tenerament­e spedita a vedere i cartoni, perché «il papà sta lavorando». Domenica da Giletti ha detto che ha preferito giocare con i suoi figli piuttosto che ascoltare non so quale intervista alla Fornero. Anche Renzi ha parlato parecchio della famiglia, per esempio ringrazian­do la moglie Agnese per avere tenuto i figli «al riparo» negli anni di Palazzo Chigi o ricordando la domanda ingenua di Ester: «Papà, con chi si gioca questa volta alle primarie?». E il tenero giuramento di Berlusconi sulla testa dei propri figli è rimasto un momento indimentic­abile. Il governo del cambiament­o non cambia, semmai rafforza, i fondamenta­li: cuore di mamma (o di mammo) e sceneggiat­a. Tutto il resto è noia (o naja).

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