Corriere della Sera

Hozier e le lotte civili «La musica è protesta»

Famoso per il brano anti Putin «Take Me to Church»: travolto dal successo, ritorno con i piedi per terra

- DAL NOSTRO INVIATO Stefano Landi

DUBLINO Gli irlandesi che suonano hanno quasi tutti la barba. E dentro un’urgenza incompresa. Hozier dice tante cose, senza voler essere per forza un predicator­e. Cinque anni fa un singolo come «Take Me To Church», che raccontava la storia di un amore gay represso con le botte in Russia, lo scaraventò nel sogno di pop-star globale e nel giro dei nemici preferiti di Vladimir Putin. Con tre mini concerti a Dublino, la città che l’ha cresciuto, ha scaldato le canzoni del nuovo «Nina Cried Power». E ricaricare le batterie in vista del tour che lo porterà (anche) a Milano il 18 novembre.

Sono passati 5 anni dal botto di «Take Me To Church». Non ha paura che si siano dimenticat­i di lei?

«Il successo mi fece girare la testa. Ho lottato per ritornare coi piedi per terra. Considero avere un pubblico che ti ascolta una grande responsabi­lità. Sono stato anche tanto nelle campagna fuori città, con gli amici. Volevo una pausa vera, isolandomi. Così sono nate le nuove canzoni».

Agli artisti capita di perdere il contatto con la realtà..

«Essere un cantautore non è una responsabi­lità, è un dovere. Verso il pubblico, ma anche verso chi prima di noi ha scritto la storia della musica. Non possiamo rovinare quell’eredità».

«Nina Cried Power» è un omaggio alla canzone di protesta..

«Volevo onorare la memoria di Curtis Mayfield, Woody Guthrie e ovviamente Nina Simone. Le lotte per i diritti civili non si fermano mai perché non c’è mai una vittoria finale. In tempi difficili come questi non dobbiamo perdere il loro messaggio rivoluzion­ario».

A tratti parla come un attivista?

«Mi piace occuparmi di questioni politiche e sociali».

Le ha dato qualche problema diplomatic­o essere così scomodo nei suoi testi?

«In Irlanda mi hanno sempre capito. In America hanno strumental­izzato qualche mio pensiero, prendendol­o come un attacco frontale alla chiesa e alla fede. Ma la musica resta un veicolo formidabil­e per diffondere idee quando sono nuove e scomode».

Ridirebbe oggi che papa Francesco è un ipocrita?

«Mi chiedo chi sia per giudicare chi si deve amare e chi no. Certe cose si potevano dire un secolo fa. Su questo tema non gli ho visto fare nulla di davvero progressis­ta».

Si dice che lei sia un raro caso di uomo femminista?

«La maggior parte degli uomini che conosco lo sono senza ammetterlo. Ci sono troppe lacune di genere da colmare».

Gli artisti irlandesi sono ancora così sensibili alla religione?

«Oggi la chiesa irlandese fa parlare di sé soprattutt­o per gli scandali legati alla pedofilia».

Con l’ultimo disco ha fatto concorrenz­a alla popolarità agli U2 in patria..

«Bono mi ha supportato molto in questi anni».

Ragiona e canta da artista maturo: chi sarà Hozier fra una ventina d’anni?

«Faccio un mestiere dove è difficile durare, oggi tutto si brucia velocement­e. Come ti creano, ti distruggon­o: è la legge dell’industria musicale. Mi accontente­rei di continuare a fare la mia musica. E che questa venga ascoltata con pazienza».

Irlandese In Irlanda mi capiscono, negli Usa i miei pensieri sono stati interpreta­ti come attacchi alla fede

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Cantautore Hozier: «Con il nuovo disco ho voluto onorare la memoria di Curtis Mayfield, Woody Guthrie e ovviamente Nina Simone. Le lotte per i diritti civili non si fermano mai perché non c’è mai una vittoria finale»

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