Primo ministro sfiduciato La Svezia nella palude
Socialdemocrazia, adjö. L’arrivederci l’avevano già dato gli elettori più di due settimane fa. Ieri gli eletti l’hanno confermato: l’avanzata dei sovranisti svedesi manda a casa il premier Stefan Lofven, che sperava di rimanere, fermando la lunga marcia delle sinistre e spostando verso destra anche il più tollerante, accogliente, socialdemocratico dei Paesi europei. Il poco carismatico Lofven viene sfiduciato dai deputati del Riksdag e da un’inedita alleanza parlamentare fra centrodestra e destra estrema. Paga cara la politica delle porte apertissime ai migranti — in soli due anni, 250mila arrivi in una popolazione di dieci milioni d’abitanti — e l’onda dei movimenti contrari all’europa. All’incasso potrebbe andare il centrodestra del liberale Ulf Kristersson, 54 anni: uno che considera il famoso welfare svedese asfissiante e dannoso quanto l’apartheid sudafricano, ma che in campagna elettorale ha sempre escluso alleanze col populista Jimmie Akesson e con la sua estrema destra xenofoba di Svezia democratica (Sd), piena d’ex neonazisti. «Attento — l’hanno avvertito i socialdemocratici, pur sempre il primo partito — se t’allei con Sd, ne sarai totalmente dipendente». Ci sono quattro tentativi possibili e una quarantina di giorni, per trovare una maggioranza ed evitare elezioni anticipate che la Svezia non conosce da sessant’anni. Domani partono le consultazioni e a Stoccolma sono celebri per le alchimie dei governi di minoranza e delle convergenze impossibili. Ma stavolta il rebus pare insolubile: le coalizioni di centrodestra e centrosinistra hanno quasi gli stessi seggi in Parlamento, 144 contro 143, non vogliono allearsi fra loro e non possono fare cartelli coi 62 parlamentari di Akesson. Lui, Jimmie, prima del voto ha un po’ ripulito il partito degli antisemiti irriducibili (ha cacciato perfino la suocera), ha smesso di parlare di Swexit nel Paese di giganti della globalizzazione come Ikea e Spotify, aspetta d’essere corteggiato: propone un esecutivo allargato il più possibile e con un’agenda limitata di riforme, che anche i moderati del centrodestra possano condividere. A partire dalla più populista: lo stop agli immigrati.