Migranti scaricati in Piemonte: le accuse a Parigi
Fotografati dalla Digos a Claviere. Indaga la procura di Torino
Sono entrati in territorio italiano, sul versante orientale del colle del Monginevro, per lasciare lungo la strada due migranti. Ora i militari della Gendarmerie nationale francese rischiano l’accusa di sequestro di persona. L’episodio è avvenuto tra i boschi di Claviere ed è stato ritratto in una fotografia scattata da agenti della Digos di Torino. Il pm: Aperta un’inchiesta. «Si sta lavorando per cercare un chiarimento a quello che sembra un incidente» la precisazione da Parigi.
TORINO Fino alle otto della sera, l’aria era da incidente diplomatico, e da inchiesta della Procura di Torino, comunque aperta: venerdì scorso, a bordo di un furgone, militari francesi della Gendarmerie nationale sono entrati in territorio italiano, sul versante orientale del colle del Monginevro, per lasciare lungo la strada due migranti di origine nordafricana. Poi, la prefettura delle Hautes-alpes, le Alte Alpi, ha chiesto scusa con una nota: «È stato un deplorevole errore». L’episodio è avvenuto tra i boschi del comune di Claviere, 210 abitanti a 1.760 metri di quota, nei pressi della rotonda che si allarga subito dopo la galleria, via di fuga per evitare le case. Colpa degli stessi gendarmi: «Erano arrivati solo pochi giorni fa nelle Alte Alpi, avevano una scarsa conoscenza del luogo e sono entrati in territorio italiano in circostanze che hanno richiesto un chiarimento». Soprattutto perché il fatto era stato fotografato dagli agenti della Digos di Torino, in paese in seguito allo sgombero di una chiesa, occupata da antagonisti e anarchici «no border». Fotogramma e relazione che hanno avviato l’inchiesta del procuratore Armando Spataro: formalmente senza indagati, e senza alcun titolo di reato, ma con l’impressione di poter arrivare all’ipotesi di sequestro di persona.
Chissà se, invece, basteranno le scuse, perché sull’errore non ci piove: «Il veicolo della Gendarmeria non era destinato a entrare nel territorio italiano», ha ribadito la prefettura d’oltralpe. Di certo, sarà necessario migliorare le procedure, come auspicano le
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stesse autorità francesi: «Il contatto sarà stabilito al più presto, a livello ministeriale, per garantire e assicurare uno stretto coordinamento». Quello che manca, se pure stavolta — hanno affermato i francesi nella nota — la polizia italiana era avvisata.
E su questo, resta il mistero. Come pure sul blitz dello scorso 30 marzo, quando s’è aperta la battaglia giuridicolegale, tra Italia e Francia: i doganieri d’oltralpe fecero irruzione a Bardonecchia, sempre in alta Val di Susa, per il controllo antidroga su un ragazzo nigeriano, entrando nei locali di una Ong, alla stazione ferroviaria. E infischiandosene delle procedure, e men che meno informando la polizia italiana. Per questo, già due volte Spataro ha scritto alla Procura presso il tribunale di grande istanza di Albertville: negli atti inviati ai giudici francesi, il magistrato rivendica il diritto di conoscere i nomi degli agenti, per poterli interrogare. L’11 luglio i colle- ghi francesi hanno risposto no, e ora si aspetta la prossima mossa.
In ballo c’è la giurisdizione sul caso, tra trattati internazionali e accordi bilaterali, e quindi la potestà di indagare, rivendicata da entrambi i Paesi. Mentre i giudici di Albertville hanno rispolverato accordi del 1963, la Procura piemontese rivendica il rispetto dell’accordo di Schengen. Se però la Francia negherà ancora la collaborazione, ai pm italiani non resterà che archiviare l’inchiesta. La stessa fine che potrebbe avere quest’ultimo caso (con scuse, però). Non il primo, di consegna a domicilio (italiano) di immigrati in Francia. «Ad aprile, un paio di giorni dopo l’episodio dei doganieri — racconta il professor Edoardo Greppi, docente di Diritto internazionale all’università di Torino, e habitué a Bardonecchia — un furgone della Gendarmerie lasciò alcuni immigrati sul piazzale davanti alla stazione ferroviaria». Come fossero turisti.