Corriere della Sera

«Avvocati, serve più trasparenz­a negli esami»

- Roberto Magaraggia, Rovigo

In questi giorni, in diverse sedi di Corte d’appello sono in corso le prove orali per accedere alla profession­e di avvocato. Esami indispensa­bili per ottenere il titolo, ma con procedure soggettive e non oggettive. Lo dimostrere­bbe il fatto che un importante avvocato veneto ha dovuto ripetere per tre volte l’esame, mentre altri, superate le prove al primo colpo, sono stati declassati nella vita profession­ale. Se va male, si deve attendere un anno per ripetere la prova. E sperare che chi legge gli scritti e chi interroga, se si accede all’orale, non abbia la «giornata storta»: infatti sia il giudizio sulle tre prove scritte, privo di qualsivogl­ia correzione, così come le domande per l’orale, sono, senza ipocrisia, legate all’umore del presidente di commission­e o di qualche membro. Perché non essere trasparent­i nel terzo millennio? Perché le prove scritte non possono eseguirsi con domande e risposte limpide e oggettive, tramite le famose crocette già adottate per altri autorevoli accessi alla profession­e? E gli orali ripresi da telecamere? E non trovare, come oggi, un primo ostacolo negli scritti, dovendo adottare la bella scrittura, come ai tempi del libro «Cuore». Solo così i candidati e relative famiglie potrebbero accettare il giudizio con obiettivit­à e anche serenità. Come in tutte le categorie e profession­i, a stabilire chi ha il «quid», ci penseranno poi i cittadini.

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